The Orange Cabbas - The Orange Cabbas
Il disco d’esordio dei lodigiani The Orange Cabbas consta di sei convincenti brani di solido rock, venato di blues e arricchito di elementi psichedelici.
Il gruppo è un sestetto: voce, due chitarre, basso, batteria, più un sassofonista/armonicista, il cui apporto diventa fondamentale per suggerire determinate atmosfere.
Prima ancora di dissigillare il cd, ne gusto la bella grafica retro, la copertina disegnata a mano e colorata a china e pastello, l’estetica onirica.
La prima parte del disco è più energetica: Plastic Love ha un riff che rimane in testa già dal primissimo ascolto; sulla chitarra dominante si assestano prima un po’ di wah-wah, poi il sax (sia all’unisono che in assolo). Peter Plan apre con uno stop and go molto anni ’70, poi si va, con la voce che passa dallo sporco al vibrato; prima del refrain finale c’è spazio per una divagazione blues, strumentale, ipnotica e distorta, col sax ancora in evidenza. Puro rock’n’roll ad alta tensione è invece Mind Revolution; bel riff e bel testo, che nella sua semplicità descrive efficacemente il contrasto tra l’appiattimento culturale della società del denaro e della televisione e la resistenza che pochi rivoluzionari le oppongono (sì, il rock serve ancora). Morbida l’apertura di Tonight; in seguito, quando il brano parte, la sua ossatura rimanda a certo rock anni ’90. Dal canonico quattro quarti passiamo a un altro tempo in sei, con scala di accordi ascendenti. I ritmi rallentano ulteriormente con Through The Sun, che si apre con il verso-chiave «I live in a motionless city», in cui l’ascoltatore cremonese non fa fatica a immedesimarsi, così come quello di Lodi (e allora viva Cremonapalloza e viva Rebel Kid Music, realtà giovanili che cercano di rendere meno immobili le rispettive città); ed è divertente seguire le lyrics, scritte in gran parte in senso circolare, rigirandosi tra le mani il booklet del cd. Il finale è una ballata vera, acustica, delicata: Magic Summertime. Un brano d’amore quasi in stile hippie, a cui è facile abbandonarsi canticchiandolo qua e là.
Un disco di piacevole ascolto, che – senza alcuna pretesa di volere proporre cose nuove – si fa apprezzare per la buona tecnica e l’immediatezza, e in particolare per l’innesto di componenti atipiche nella giusta misura, senza voler strafare. È un bene che ci siano gruppi come The Orange Cabbas.
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