The Darkness - Easter Is Cancelled
Che ci crediate o no, Easter Is Cancelled, nuovo tassello nella discografia delle colonne del rock classico inglese del nuovo millennio The Darkness, dovrebbe essere un concept album. A quanto pare, il leader della band, Justin Hawkins, si è progressivamente intrippato con la questione della teoria dei multiversi, e dunque questo settimo album (sesto in studio, preceduto dal Live At Hammersmith pubblicato lo scorso anno) racconta una storia unica, ambientata in un mondo parallelo in cui, per l’appunto, Pasqua è cancellata perché Cristo non è morto: è sceso dalla croce per tornare a spaccare il culo ai malvagi. Il concetto, espresso già sulla controversa copertina del disco (controversa come qualsiasi opera dell’ingegno che vada a toccare i simboli religiosi), è ridicolo quanto si vuole se messo in mano a quattro tamarri dell’area costiera del Suffolk, ma tenendo conto che i succitati quattro tamarri sono i primi a divertirsi mentre si propongono come salvatori del rock, non si ravvisano problemi di sorta. Non pretendo che questo tipo di approccio piaccia, ma perlomeno che venga inteso.
E dunque, in modo coerente alla visione di Justin e soci, che sposta l’orizzonte su un pianeta alternativo in cui la musica più importante è ancora generata dalle chitarre elettriche, il rock’n’roll (o, meglio, la sua insipida deriva che ci è toccata al giorno d’oggi) merita invece di morire. L’apertura überqueeniana di Rock And Roll Deserves To Die dice questo, e non a caso al brano (accompagnato dall’immancabile video privo di cognizione) spetta, come dire, la dichiarazione d’intenti di tutto l’album. La produzione, firmata dal chitarrista ritmico (ma è riduttivo) Dan Hawkins, fratello dello stupefacente Justin, è perfetta: arricchisce con strumenti di contorno e suoni non invasivi l’immarcescibile formula di riff rocciosi e armonie vocali creata dagli Hawkins, mentre il basso rubikiano (cioè cubico e colorato) di Frankie Poullain e la solida batteria di Rufus Tiger Taylor – figlio d’arte della leggenda vivente Roger dei Queen – completano l’opera. Tutto ciò si nota mentre si viene schiaffeggiati dall’energia positiva e contagiosa di pezzi come How Can I Lose Your Love e Live ’Til I Die, a cui fa seguito la power ballad da accendini al vento Heart Explodes. Dopo un paio di ascolti, ho capito di che cazzo Justin stesse cantando nel malinconico intermezzo Deck Chair: insomma, il nostro uomo ricorda affranto – con tanto di poetici versi in francese tra le backing vocals – il tragico giorno in cui vento gli portò via la sedia a sdraio. «La vie / Le temps / La mort / Qui te bercera? / J’appartiens à Poseidon / Le vent est ton tempérament / Mon amour». Serge Gainsbourg, chi? Ho le lacrime dal ridere.
Dopo la prima metà dell’album, dunque, sono già di buonumore come con poca musica ascoltata negli ultimi anni, ed ecco arrivare un secondo blocco, se possibile, ancora migliore: la traccia 6 è la title track Easter Is Cancelled, prototipo hard rock darknessiano della prima ora (potrebbe stare sul dirompente Permission To Land, datato 2003), in cui emerge (se ci fosse bisogno di ulteriori prove) il falsetto pazzesco di Justin Hawkins, che negli anni ha scavalcato tutto, dagli abusi da rockstar – che hanno tenuto la band ferma per un lustro – ai problemi vocali che l’hanno afflitto per un periodo. Ora il quarantaquattrenne Justin è in smagliante forma fisica, psicologica e vocale, e di tutto ciò prendiamo atto e siamo grandemente felici anzichennò. Ma quanto detto finora non basta a descrivere ciò che accade appena dopo, con Heavy Metal Lover, la più divertente canzone mai scritta sul rapporto sentimentale che può instaurarsi tra il leader di una glam band di rock disimpegnato e una fanatica del metal estremo. Con improvvise alternanze, le chitarre amorose e il cowbell lasciano spazio a inserti di batteria tupa-tupa e riffoni brutal, mentre nel testo si citano gruppi come Obituary («Your favourite power ballad is Chopped In Half»), Meshuggah, Shattered Skies e Cannibal Corpse («We make sweet love to Hammer Smashed Face»). Spaziale. Segue un lentaccio clamoroso, In Another Life, che secondo me ha le carte in regola per diventare un cavallo di battaglia nei concerti, quasi al livello della Love Is Only A Feeling degli esordi. Una certa incazzatura attraversa Choke On It – alla lettera: «Strozzati!» – e, come spesso accade con questa splendida band, il brano di chiusura di Easter Is Cancelled è un gioiello: We Are The Guitar Men, come già Conquerors (con cui si concludeva l’album Last Of Our Kind, del 2015), è un’autocelebrazione trionfale e grondante di idee, con linee vocali che si rincorrono e arrotolano come gomitoli di bellezza. I riferimenti – Queen, AC/DC, Led Zep, Rainbow, qualche gigante del pop – saranno sempre gli stessi, ma il punto è: abbiamo bisogno d’altro? Forse, per fare rock come si deve, no.
L’album, nella sua versione normale, si ferma qui. Esistono un’edizione deluxe con le canzoni bonus Laylow, Different Eyes, Confirmation Bias e Sutton Hoo e, solo per il mercato giapponese, una quindicesima traccia, la brevissima Dancing House: un minutino festaiolo, tra Beastie Boys e Mötley Crüe. Ecco, bastano cose come questa – destinare in esclusiva al Sol Levante la più corposa versione dell’album – a dare l’idea di che cosa intendiamo quando diciamo The Darkness. Talento e divertimento, lavoro e cazzeggio, umiltà e arroganza, tutto shakerato insieme in un cocktail che, ripeto alla fine ciò che scrivevo all’inizio, non sarà per tutti i palati, ma, per alcuni, risulta sopraffino. Non avevo da chiedere altro a un disco come Easter Is Cancelled, che si becca le consuete cinque stelle placcate oro, come il cuore di questa mitologica rock’n’roll band.
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