Terremotati Mentali - Razza Umana
Razza Umana è il primo vero album dei Terremotati Mentali; uscito nel marzo 2003, segna un nuovo deciso passo nell’evoluzione di questo gruppo.
I Terremotati Mentali sono quattro ragazzi del piacentino; nascono nel 1997, ma attraverso un percorso di crescita continua, iniziato con le cover degli esordi, passando dalla vittoria a Cantiere Sonoro 2000, cambi di line-up e un demo nel 2002, approdano ora a questo primo vero album (sei brani per circa mezz’ora di musica).
Il sound che li distingue è un crossover melodico che li potrebbe porre a metà strada tra Korn e Linkin Park, ma solo per una prima, generica classificazione che, come sempre, rischia di essere fuorviante.
La definizione che loro danno della loro musica è Psyco-Melodic Rock Crossover Politically (No)Correct e, seppur un po’ prolissa, questa etichetta descrive esattamente tutte le caratteristiche salienti del sound dei Terremotati Mentali.
È sufficiente l’ascolto di Memorie per entrare nel mondo di Low e soci, spazzando via ogni esigenza di catalogazione: effetti e chitarre in apertura per i primi due minuti si alternano con una sezione ritmica notevole, che rende giustizia alle scosse sismiche evocate nel nome del gruppo. Ma ecco i ruggiti di Tuz prendere il sopravvento, fino all’urlo rabbioso: «Per ricordare il dolore e il rispetto» a cui fa da contraltare il coro di Zultra: «Lasciami gridare», che accompagna il pezzo alla conclusione.
Memorie può essere il bigino dei Terremotati Mentali, ma resta ancora molto da scoprire in quest’album, anzi il brano successivo, Prox, è forse l’episodio migliore di tutto il demo, grazie a un ritornello che aggancia al primo ascolto e al sapiente dosaggio di tutte le componenti musicali, comprese le due voci che si fondono perfettamente, dosaggio che è la vera difficoltà di ogni progetto crossover. Ascoltando Prox, però, è un’altra la sensazione che viene alla ribalta e che nell’ascolto dei successivi episodi rende più attenti: la sensazione che i testi siano importanti o comunque abbiano qualcosa da dire.
Utopia è la conferma, ma l’ascolto procede piacevole senza ancora soffermarsi, si preferisce farsi portare dal fiume di energia. Anche perché non viene mai perso di vista l’orizzonte melodico, sempre coerente, anche nelle successive Nuovo Panico, Political Noise ed Esc.
Political Noise non può però passare inosservata, infatti prende forma il Politically (No)Correct: «Grazie ancora, grazie presidente, la politica tua non serve a niente, ma le tue truffe ci parlano di te» è il testo esplicito del brano che credo sia quello che nei concerti dal vivo dedicano «a quel maiale del presidente del Milan».
A questo punto la tentazione è forte, riascoltare l’album in funzione dei testi, che purtroppo il “libretto” minimale non può contenere.
E così la sensazione prende corpo, proprio a partire da Prox, che anche grazie al testo si conferma uno degli episodi migliori dell’album, denunciando gli orrori e gli errori di chi spaccia per guerra santa e guerra al terrorismo ciò che è solo odio ed egoismo: «Non c’è cosa al mondo più tremenda, mentre è naturale vedere un genitore seppellire il proprio figlio, ucciso e deriso in nome di Dio, ucciso e deriso per trenta dollari al barile», a dimostrazione che i temi globali segnano anche le coscienze di quattro ragazzi padani.
Nei testi successivi, però, la consapevolezza traballa tra voglia di cambiamenti e cinismo rassegnato. In Utopia c’è ancora spazio per immaginare una «terra priva di violenza» e «rifiuti tossici» e «Prende corpo l’idea, la speranza e la voglia di un mondo migliore», ma in Nuovo Panico non si può affermare altro che «Resta poco da dire, quasi niente da fare».
L’ultimo brano prima del congedo, Esc, sembra continuare questa visione, ma dopo aver accusato la propria generazione per la deriva destrorsa e intollerante della società, riapre le porte a una visione più propositiva: «Un pensiero mi consola, tutto questo può cambiare, basta solo ragionare, le catene si spezzano, le luci si accendono, apri gli occhi!». Esc si distingue anche per il suo falso finale, con reinserimento graduale di tutti gli elementi e coro finale «Non mollare mai», poi al minuto 6:00 la canzone è veramente finita, ma c’è ancora spazio per due minuti di cazzeggio a base di Quel Mazzolin Di Fiori e Sapientino Clementoni, più versacci e ciao finale.
In conclusione, un album sopra la media, che dimostra come anche dalle nostre parti, con decisione e convinzione, si possa proporre qualcosa di originale e personale senza sfigurare di fronte alle proposte più gettonate.
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