Rigie - Natura Morta Con Mandrillo E Birra
Natura Morta Con Mandrillo E Birra è uno strano titolo. Così come è strana la musica dei Rigie. L’album si divide in due parti, i primi cinque pezzi costituiscono il demo vero e proprio, le altre cinque canzoni sono catturate dal vivo. Più una ghost track.
Il gruppo è costituito da un basso e due chitarre, tutti e tre i componenti cantano. La particolarità è che la batteria è una base preregistrata. Rock tra il grunge e il punk, testi personali, tendenti all’esistenzialista.
L’assolo iniziale si chiama Assolo ed è molto sporco, graffiato. Pochi secondi di caos chitarristico.
Parte poi Ivresse, in cui la voce da bambola assassina di Stefania echeggia in modo vagamente orgasmico sovrapponendosi a certi altri gemiti della chitarra solista, mentre l’altra chitarra crea una base noise molto sporca. Il basso spara fuori quasi solo la stessa nota, ossessiva. Il pezzo più lungo dell’album finisce con più calma, il basso in evidenza.
Segue Ruffiana, che conserva il suono chiuso, sporco, fuligginoso con però varianti significative: l’intro con le “percussioni”, la voce maschile lancia in tono pazzoide, un po’ beffardo, i versi che dopo l’ascolto dell’album rimangono fissi in testa («I tuoi bellissimi fiori / La tua bellezza ruffiana li serve»).
Torna a cantare Stefania, nella più veloce, rabbiosa, un po’ più aperta Con Questo Nome, e anche qui il testo rimane impresso, se non altro per i versi del tutto inusuali (il refrain incazzatissimo: «Con questo nome / Non puoi fare nulla / Con questo dono / Puoi fare tutto», ma soprattutto gli stranianti «Prima di tutto muori… / E infatti muori…»). Conclusione (azzardo) un po’ più “emo”, strumentale, lunga, ascendente.
L’ultimo brano registrato in studio è Penitenza, grunge sì, ma decisamente influenzato dall’hardcore punk. Il cantato (maschile) è permeato di disperazione personale, interessante il testo che dice «Puoi essere tutto / Puoi essere nulla», in opposizione chiastica ai «[…] nulla / […] tutto» del brano precedente, oltre all’opposizione di stati dell’esistenza (nel brano precedente, “poter fare” vs “non poter fare”; in questo brano, di fatto, “essere” vs “non essere”). Assolo di basso sospeso nel finale. Rimane comunque difficile, e vale per tutti i pezzi, cercare di interpretare le ermetiche lyrics di questo disco.
La parte live, innanzitutto, è abbastanza ben registrata (solo la voce, forse, è mixata un po’ bassa), tanto che se la cosa non fosse ben esplicitata sulla copertina del disco, non sarebbe difficile credere di stare ascoltando ulteriori registrazioni in studio.
Il primo brano dal vivo, sesto del disco, è Barca, che parte decisamente spartano, con giro di basso in evidenza e chitarre, una fa due accordi cattivi, l’altra arpeggia misurata. La voce è a tratti più calma. Ulteriori difficoltà nello svisceramento del testo, ma molto suggestive, anche senza coglierle del tutto, immagini come «Barca porca / Distesa di schiena / Sotto il pelo». Dopo poco più di due minuti, la canzone smette di suonarsi per dare spazio a un assolo di basso con le chitarre che arpeggiano sullo stesso giro prima una, poi l’altra, poi si sovrappongono un po’, per dare forma al minuto e mezzo più malinconico del disco.
Hardcore (a me ricorda qualcosa dei Dead Kennedys… Ah, ho capito in cosa… Gli stacchi di basso in mezzo) bastardissimo (anche nel testo), Toilette si melodizza nel ritornello, anche se il testo è divertente quanto violento (punk/grunge melodico, stoppate con sopra i versi: «Adesso che l’ho preso a calci / Mi accuseranno»).
Segue Coma, questa sì grunge e basta, la voce addolorata cerca di emergere dall’inedia silenziosa, finendo con l’avere solo qualche sporadica impennata, per poi scendere e ripiombare nell’oblio con tutto il resto.
La nove è Strega, canta Stefania, l’intro è melodica, quasi dolce… Ma poi parte punk tiratissimo/hardcore occidentale (e che alla fine rallenta) che richiama un po’ i CCCP di Spara Jurij o i Crass. Suono molto violento, chiuso, anche sull’assolo noise supportato dai quattro accordi di basso in scala. Grandi i versi «Ho detto per scherzo / Che sono una strega / Il rogo mi aspetta / Fottuta verità» + risataccia da iena.
E, per contro, il disco (ghost track esclusa) si chiude con il pezzo forse più leggero, Dove Sono Adesso?, con un riff che, rispetto alla tonalità sonora opprimente di quasi tutto il resto del disco, sa di “spiraglio di luce”, con doppia voce finale («Allattalo con qualche nuova esperienza»), esagerando, “solare”. Il finale fa ancora il punk (strumentale).
La ghost track ha dell’assurdo: poco più di un minuto, con voce che si supera in follia già di suo, e in più è pesantemente riverberata, in un caotico punk urlatissimo, animalesco. E con un testo, coerentemente, incomprensibile («Vaccinato / Ha perso» o «Ma perso»?).
Bene per la copertina (quella bottiglia è di Birra Moretti?), bene per la presenza dei testi (tranne che per la traccia fantasma), con in aggiunta una singolare chicca: la ricetta per preparare la ciambella al vino (il tutto scritto nella stessa grafica dei testi delle canzoni, tanto che seguendo i testi mentre ascoltavo il disco, la prima volta ho pensato che nella ghost track qualcuno cominciasse a urlare: «250 gr farina tipo 0 / 100 gr zucchero» ecc.).
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