One Trick Pony - One Trick Pony
Era da più di tre mesi che volevo scrivere questa recensione, da quando, a giugno, gli One Trick Pony hanno presentato il loro disco, consegnandomene una copia, una di quelle che in copertina ha il tavolo da biliardo (le copertine possibili sono dieci). La mia pigrizia, altri impegni e – diciamocelo! – il caldo avevano sempre posticipato questo momento. Il disco l’ho quasi consumato, ascoltandolo spesso e sempre in modalità loop, ma ci voleva l’atmosfera autunnale, anzi invernale, di questi giorni per mettermi nel mood adatto a scriverne.
Perché non c’è niente da fare: quando si mette questo disco sul piatto e si schiaccia play si entra in un’atmosfera particolare, non necessariamente invernale, anzi! La prima traccia, dal tautologico nome Intro, ci spedisce, in poco più di un minuto, ovunque noi siamo, nel bel mezzo di una bella nottata estiva: quando finalmente fa fresco, dopo una giornata torrida, e dopo che la serata ha sparato le sue cartucce mondane non si torna ancora a casa, ma si resta fuori con i pochi che resistono, a ridere di stupidaggini, senza troppi pensieri, un’altra birra, un’altra mezz’ora…
Intro tautologica dicevo, quindi perfetta per anticipare Up To You, gioiellino pop che sorprende anche all’ennesimo ascolto per l’equilibrio con cui si fondono chitarre, arpeggi, tastiere e la voce della Libo, cristallina e potente come il torrente di Into The Wild.
La successiva Me, You & The Rain mi ha fatto pensare, fin dal primo ascolto, a Edie Brickell, e continua a farlo anche ora che l’ho ascoltata tante volte, ma questa non è certo una critica, del resto potrei scrivere di questo album citando tutti gli artisti internazionali che l’ascolto del disco mi richiama: Elliott Smith, Badly Drawn Boy, i Sigur Rós più accessibili, gli U2 meno duri, The Decemberists e via elencando, ma non mi sembra corretto. Elenco per elenco, allora preferirei citare i gruppi di quella scena cremonese soffice di cui gli One Trick Pony sono eredi: Lunaire, Beaucoup Fish, Minimal Tuesday, Suez, Rös Gös, Jenny’s Joke. Il fatto che tra i quattro One Trick Pony ci siano componenti di alcuni dei gruppi testé citati è ovviamente ininfluente! Talmente ironicamente ininfluente che non posso non elencarli: Flex – ops! – Fabio Guarneri al basso, Claudia Carrara alle tastiere e piano, Simone Siano alle chitarre acustiche e la Libo – daje! – Francesca Paola Liborio alla voce. La voce vive un altro momento clou in Sunflowers, brano costruito su una sorta di climax notturno che sfocia bene nella successiva Blink, in cui si parla del dolore e della nostalgia per una persona lontana («’Cause you’re gone / You’re gone too soon»).
Le ultime tracce del disco sono All Over Me, cantata da Flex, a tratti anche in falsetto, la eelsiana Memories e The Sign, che, coerentemente con la prima, avrebbe potuto chiamarsi Outro, uscita strumentale in cui il rumore del mare fa venir voglia di tornare su quella spiaggia, prima dell’alba, un’altra birra, un’altra mezz’ora…
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