Makaber Antrieb - Silenzi
Giunti al secondo cd, i Makaber Antrieb confermano ciò che di buono era stato immortalato sul primo lavoro, omonimo, datato 2006, superandolo per sicurezza compositiva, impatto sonoro e produzione (nuovamente affidata a BeatBazar).
Rispetto al disco di quattro anni fa, la prima differenza che mi salta all’orecchio è la sparizione totale del tupa-tupa di stampo hardcore, tipo treno in corsa, in favore di una base ritmica più ostinata, tipo martello su incudine, non disdegnando la violenta lentezza che la fa da padrone nel metal contemporaneo. In questo nuovo Silenzi, poi, è tutto l’impianto di batteria e basso a segnare una svolta: la sezione ritmica si muove massiccia e compatta, laddove nella prova precedente il suono era parecchio distante, sfuggente, addirittura “leggero” nell’utilizzo di un rullante quasi “da banda”, molto squillante, soppiantato qui dal rullo-macigno ben più incisivo di Steven, accompagnato dalle linee di basso di Ranca, che ha spesso spazio per inserti solisti, sui quali applica una distorsione modello trapano davvero azzeccata.
Su queste fondamenta si costruiscono i muri di chitarre di Riki e Bart, che tirano fuori una media di tre riff pesanti a canzone, influenzati dal thrash puro anni ’80, come nell’apertura di Houvre, ma anche da roba molto più moderna, come nell’immediatamente successiva e più sperimentale title track, Silenzi, che, oltre a sequenze di accordi a tratti melodiche, si impone come brano più ragionato e complesso tra i sei di cui si compone il cd, con cambi di ritmo, doppia cassa a badila, tempi dispari, assolo paludoso di basso distorto e stoppate quasi prog. È Lungo Il Fiume a imporre all’attenzione la voce di Bozzu, che inizia con un parlato appena appena urlato, si trasforma poi in un grido di frustrazione, venendo infine convogliata in un growl che è odio puro. Uno dei passaggi migliori del disco si trova qui, dopo il primo refrain: un breve ponte, lentissimo, puntellato dai versi «L’uomo di spalle / Che esce di scena / Trafitto impotente / Si accascia ansimante». Un plauso generale agli ottimi testi, che evitano facili scivoloni ad alta densità di pomodoro stile b-movie splatter: le parole di Bozzu esprimono una crudeltà che definirei sobria, algida, quasi chirurgica, rispetto a quello che ci si aspetterebbe da questo genere (che i Makaber Antrieb stessi amano definire, un po’ ironicamente, catastrophic thrashcore. In fondo, rende bene l’idea).
Altro fattore in controtendenza, la scelta di porre in coda i due pezzi più veloci (e anche più corti a livello di minutaggio): Frammenti, i cui giri di accordi sono forse meno ispirati che negli altri brani (sarà che mi pare di cogliere qualche passaggio troppo “già sentito”), e la potentissima Disorientati Nel Caos, che ha decisamente l’attacco più cattivo di tutto il cd, con le chitarre grattugiate fino a scorticarle (e scorticarsi!), e si chiude nemmeno due minuti dopo, con il basso ronzante a tenere l’ultima nota giusto qualche secondo in più, solitario.
Insomma, il cd convince, ma, se siete in dubbio riguardo a procurarvene o meno una copia, lascio perdere i convenevoli: un prodotto di questo tipo, tutt’altro che trasversale, può piacere solo se siete già fan della musica dura, almeno dal metal tradizionale in su. Quelli che non hanno un orecchio abituato a queste sonorità, potranno giusto apprezzare il buon assolo di chitarra pulita che spunta nel mezzo della terza traccia; per il resto, rimarranno, appunto, disorientati nel caos.
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