Losfuocos - Revolution
Capita di innamorarsi di un gruppo. Mi è capitato l’estate scorsa all’AvantGarden Music Festival di Lodi, vedendo dal vivo i Losfuocos, devastante power trio di rock’n’roll ad alta tensione, che tra l’altro quella sera giocavano in casa (i tre sono lodigiani).
Da pochi mesi è disponibile il loro primo album, dopo ep e demo vari: s’intitola Revolution e spacca il culo da qui all’eternità. La label è la Go Down Records, che cura le uscite di un bel mucchio di gruppi della madonna.
Il disco. Il disco è un cazzo di fulmine che ti attraversa per quaranta minuti. Il primo pezzo si chiama Suzanne ed è la favoletta rock di una ragazzina che annega nell’alcol e nel tabacco una vita vuota. Con Revolution inizio a familiarizzare con lo stile dei Losfuocos: i tre (Padofuocos, voce e chitarra; Denfuocos, basso; Mikefuocos, batteria e cori) attingono a tutto il grande rock del passato e ne sintetizzano le caratteristiche. Rock’n’roll, beat, hard rock, punk rock, heavy metal convivono in una miscela al tritolo. Un paio di nomi di riferimento negli anni ’00? Ok: The Hellacopters, The Datsuns. Insomma, quelli che sono cresciuti ascoltando sia i Kiss sia i Ramones, sia i Led Zeppelin sia i Sex Pistols. Over The Top decelera sul piano della velocità, ma non cede di un millimetro a livello di impatto sonoro. Da ascoltare rigorosamente ad alto volume. La 4, Gonna Doing All Right, è una delle due che preferisco. Il riff si pianta in testa e non se ne va più, il ritornello è un manifesto: «I was made for you / Rock’n’roll». Sono obbligato a citare anche i primi versi di Honey, non foss’altro che per senso di appartenenza: «All I wanna do is rockin’ / Feeling good on fire / Make love with my girl all night long». L’assolo di chitarra fila via come un treno e disegna una scia di elettricità nell’aria. Non faccio in tempo a ripigliarmi che già attacca il basso di Great Raid Dreaming, rock stradaiolo che racconta di una fuga dalla polizia. Il refrain è uno di quelli che mi ritrovo a canticchiare in qualsiasi momento. Danny The Mind è l’altra mia preferita: intro con l’organo Hammond, giri di chitarra agili e potenti al tempo stesso, tre pennate di chitarra acustica a sottolineare l’inizio delle strofe, voce alta e sguaiata, testo divertentissimo (Danny è un nerd, sostanzialmente), grande assolo. Yeah! Se Rely On Me è un altro pugno nello stomaco, Sometime’s Better Lose The Fight è una rissa! Apertura garage, in mezzo è street metal da paura, chiusura nel caos. Qual è il gruppo rock più influente della storia? La risposta non può che essere: The Beatles. E allora ecco una splendida cover di Day Tripper, che dissolve nella traccia finale, The Rock Empire. Padofuocos cede una strofa alla voce da avanzo di galera di Lu Silver, cantante degli Small Jackets (altro bel gruppo che esce sotto etichetta Go Down Records). Finale tirato lungo, con arpeggio acustico che fa da base all’assolo elettrico. Stop.
Mi pare di aver colto parecchie citazioni e omaggi (sia nella musica sia nelle lyrics) a grandi gruppi del passato, ma evito l’elenco. La pronuncia dell’inglese è ottima; altrettanto non si può dire della costruzione di certe frasi, obiettivamente cannate. Questo è forse l’unico difetto dell’album, che gode di una produzione semplice e compatta, con sovraincisioni nella giusta misura, e di un missaggio pressoché impeccabile.
Tolti gli accessori al luccicante carrozzone rock, cosa resta? Voce, chitarra, basso e batteria. Riff, assoli, cavalcate e stacchi. Passione, carne, sudore e sangue. I Losfuocos sono così. Il mio consiglio è ovviamente quello di comprare il cd, ma non solo: andate a vederli in concerto!
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