Jet - Get Born
I Jet sono furbi.
Da buoni ultimi arrivati sulla scena, sapevano che il rischio più grosso era di essere accusati di cavalcare l’onda e di finire frettolosamente archiviati come l’ennesimo gruppo di rock modaiolo. Ormai i pionieri (The Strokes, Black Rebel Motorcycle Club, The Coral) sono al secondo disco e molti altri gruppi si sono ritagliati il loro piccolo spazio, i Jet rischiavano di doversi accontentare delle briciole.
«Figuriamoci, un altro gruppo australiano, saranno amici dei Datsuns o dei D4 (che a dir la verità sono neozelandesi, ma sono australiani, attenzione, gli AC/DC), sì, poi il cantante e il batterista sono fratelli, che palle, come gli Oasis, e poi non batteranno mai i Kings Of Leon che sono tre fratelli e un cugino» (sì, ma c’erano due fratelli anche nei Van Halen e, attenzione, negli AC/DC).
Cosa fare per evitare i soliti commenti scettici e i paragoni, non già con i Velvet Underground e i Rolling Stones, ma con The Strokes, The Libertines e compagnia bella?
Tanto per cominciare nome del gruppo senza “The”, che ormai è controproducente, poi curare l’immagine e la grafica del cd quanto le canzoni che ci sarebbero finite dentro (e infatti la loro è una delle copertine più belle che ho visto recentemente, soprattutto se si spalanca il booklet, altro che Room On Fire degli Strokes) e infine puntare sugli aspetti peculiari della propria musica: ballate e AC/DC.
Immagino i fratelli Cester in sala prove: «Hey Nic, qua dice che gli Strokes sembrano un misto di Stooges, Velvet Underground e Television». E Nic: «E chi cazzo sono? Io di là ho paccate di dischi di Led Zeppelin, Who e Rolling Stones! Dai, Chris, attacca con Immigrant Song».
E così eccomi qui a piazzare il loro cd nel lettore. La prima canzone di Get Born, Last Chance, è cantata e suonata come se fosse l’unica incisione consentita ai Jet: veloce, tirata, urlata, è quasi lo sfogo adrenalinico di chi scende in campo e grida: «Ci siamo anche noi! Cazzo!». Are You Gonna Be My Girl invece è geniale, il singolo che fa la differenza, una Lust For Life del 2000 (in effetti la ricorda, saranno i tamburelli…), mi fa pensare che gli anni ’70 erano troppa roba per durare solo dieci anni, era rimasta fuori questa canzone. Con la successiva Rollover D.J. i Jet cercano di tenere alto il voltaggio con coretti, tastiere e chitarre aggiuntive, ma ecco farsi strada l’idea che siano un gruppo come un altro, idea che sarebbe rafforzata da Get What You Need se in mezzo non apparisse Look What You’ve Done, una ballata che Robbie Williams si sogna la notte. A questo punto il vecchio rockettaro drizza le orecchie, le ballate! Ecco cosa si erano dimenticati tutti i gruppi di garage rock del 2000. Ma com’è possibile? I lentacci sono sempre stati prerogativa del rock, prima che del pop: The Rolling Stones? Angie, The Velvet Underground? Sunday Morning, U2? One, Led Zeppelin? Non lo dico neanche… Ed ecco qua questi Jet che se ne vengono fuori con un gioiellino dal titolo Move On, ballatona che più rock non si può, arpa, slide guitar, manca solo il falò, che bello. E insistono! Radio Song emoziona anche se (o forse proprio perché) la si può cantare al primo ascolto, questo sì che è un omaggio agli Who, mica Behind Blue Eyes rifatta dai Limp Bizkit. Ma è giunta l’ora dell’hard rock: si scaldano i motori con Get Me Outta Here e viene il sospetto che qualcuno abbia cambiato disco, sembrano i Van Halen! Quando arriva la canzone successiva il sospetto aumenta, allora si va a guardare il titolo: Cold Hard Bitch… Mi sbagliavo… Sono gli AC/DC. Il finale riserva ancora molte belle sorprese: un altro lentone Come Around Again che ricorda Angie; chitarre psycho, raffica di «Yeaaah» e velocità folle per Take Or Leave It, nonché la perfetta miscela di ritmi e suoni di Lazy Gun. Il dolce accompagnamento di Timothy (Timothy, non Tommy) è il degno epilogo di un album che diverte e si fa riascoltare più volte.
I Jet sono la next big thing del Rock? Beh, chissenefrega, intanto ascoltiamoci Get Born che vale ben più di una promessa per il futuro.
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