Andrea “Kappo” Capelli – Anime Sonore
Il disco di Kappo racconta tante storie. Le storie raccontate non sono però nei testi delle canzoni, anche perché nel disco non ci sono testi e non ci sono nemmeno canzoni. Le storie sono raccontate dall’esistenza stessa del cd.
C’è la storia del disco armonico, chiamato anche hang o handpan, lo strumento suonato da Kappo nei 15 brani strumentali incisi su questo disco: strumento a percussione inventato in Svizzera nel 2000 da due artigiani, da allora si sta diffondendo senza sosta grazie a una comunità di costruttori, ricercatori del suono, musicisti e semplici appassionati.
C’è la storia del rapporto di Kappo con la musica, trasformato per sempre dall’incontro fortuito con il disco armonico che in pochi mesi, a cavallo del 2012, lo ha portato a diventare un vero e proprio musicista e performer.
C’è la storia di Kappo e del suo avatar su questo sito: iscritto al forum dal 3 dicembre 2004, ne è uno dei contributori principali, con i suoi oltre tremila post: proprio sul Forum di Cremonapalloza ha raccontato in diretta il suo innamoramento per il disco armonico in un topic che vi invito a (ri)leggere.
C’è anche la storia dell’evoluzione delle autoproduzioni musicali che permette di avere un disco professionale nel suono, negli arrangiamenti, nella produzione, nelle immagini e nell’artwork, ma qui si prende un’altra strada e forse è meglio se mi fermo con le storie.
Perché naturalmente c’è la musica, più di un’ora di musica. Quindici brani dai titoli evocativi, come Storm, Saudade, Hypnotica o Blue Moon, con i quali immergersi in atmosfere sempre diverse e sempre evocative. Per essere suonato, l’handpan richiede concentrazione e la fusione dell’artista con lo strumento: la tecnica non è complicata se confrontata con altri strumenti, ma l’armonizzazione non può limitarsi allo strumento e alle mani che lo suonano, deve andare un po’ più in profondità, coinvolgere la mente e il cuore del musicista. La stessa armonizzazione tra strumento e musicista può trasmettersi a chi ascolta, e credo sia questo il senso del titolo dell’album, delle “anime sonore” che si sintonizzano su frequenze acustiche ed emotive simili. Il rischio di uno strumento così particolare è che, senza questo tipo di impegno nell’ascolto, si può facilmente scivolare nella musica per ambiente, o in quella new age, perché le sonorità sono simili, ma in tal caso potremmo comunque parlare di ambient music e di new age music di qualità, mentre l’ascolto “sintonizzato” può veramente solleticare la nostra anima sonora. I brani trasportano da un mondo all’altro con fluidità e facilità, proprio come in un’atmosfera gassosa, invisibile, ma mutevole, tra estremi molto lontani tra loro. Kappo sfrutta al meglio la tipica struttura di un disco, dando assaggi di tre, quattro minuti delle tante possibilità di questo strumento, coadiuvato da arrangiamenti, musiche di sottofondo, effetti sonori e, nel caso del brano Leo, che potrebbe sicuramente fare da singolo, anche da una splendida voce femminile.
Ottimo lavoro, tappa preziosa di un percorso che auguro ancora lungo e ricco di soddisfazioni.
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