Incontro con Giuliano Giuliani a Ca’ de’ Somenzi, 21/12/2005
Mercoledì 21 dicembre 2005, Giuliano Giuliani ha presentato del materiale sui fatti del G8 di Genova del 2001 e in particolare sull’uccisione di suo figlio Carlo.
L’ottima alchimia nel concorso di colpa tra organizzatori e stampa locale ha fatto sì che la cosa sia passata quasi in sordina, senza essere pubblicizzata nemmeno decentemente (non dico adeguatamente), e che io l’abbia saputo solo poche ore prima dell’appuntamento, grazie a una pronta telefonata di Ranca (grazie!).
Mi fiondo a Ca’ de’ Somenzi, dove, intorno alle 17:30, ci sarà l’intervento di Giuliano. Sono in compagnia di Claudia ed Ettore. Raggiungiamo Ranca (che lì sta lavorando) in prima fila. Sala dei congressi semivuota, in modo desolante rispetto a un evento del genere.
Breve appunto: al momento del nostro arrivo stanno completando gli ultimi interventi alcuni esponenti politici e sindacali, infatti la presentazione a cura di Giuliano è collocata alla fine delle conferenze del VI Congresso Provinciale della Camera del Lavoro di Cremona, che a sua volta si colloca nell’ambito del 15º Congresso Nazionale della CGIL.
Dopo una breve introduzione a voce, Giuliano fa partire sul maxischermo una serie di presentazioni PowerPoint, intitolate La verità, nelle quali ci propone fotografie e filmati di quel tragico 20 luglio 2001. Tutti i materiali mostrati sono agli atti dei vari processi in corso. Proprio per questo, in quanto materiali pubblici, chi li archivia è tenuto a consegnarli a chi ne fa richiesta. «Strano che non se ne siano sbarazzati», commenta uno dei presenti.
Non ho intenzione di descrivere ciò che Giuliano ci mostra, perché io, che emotivo in genere non sono, alla fine stavo per piangere (e assicuro che non c’era neanche un briciolo di retorica, né nelle immagini che scorrevano né nel commento che le accompagnava). A chi voglia avere un’idea più chiara dell’accaduto, e non fidarsi del video e del paio di fotografie di merda che la televisione ci propina, consiglio di cercare in Internet il materiale raccolto da Giuliano, che sta portando la verità (non la sua verità, la verità e basta, quella inopinabile, quella che si ha davanti agli occhi) in giro per l’Italia.
Se tu che leggi sei del partito degli «Hanno fatto bene», saresti dovuto esserci: se hai un minimo di onestà intellettuale, avresti cambiato idea. Io, che non andavo certo convinto, non posso che associarmi alle parole con cui un altro spettatore ha salutato Giuliano alla fine del pomeriggio: «È difficile restare pacifisti». Lo è davvero.
Rimangono tre sentimenti: il primo, la rabbia, anche se, Giuliano lo ripete più volte, lo scopo dei suoi sforzi non è la vendetta, è solo la battaglia perché questo scempio non si ripeta. Il secondo, la solidarietà, espressa nella stretta di mano a un uomo che ha vissuto la cosa peggiore che possa capitare a un essere umano, la perdita del figlio, e che, con questa insanabile ferita dentro, continua a parlarne, con una forza d’animo sconvolgente (la voce si rompe solo in un paio di occasioni, il sarcasmo tragico è arma sempre presente, anche se si sta parlando del corpo martoriato di Carlo). Il terzo, la speranza, perché la ragione e il dialogo possano trionfare sulla violenza e sull’annientamento dei più basilari diritti umani. La forza e la convinzione di un pacifista sono quotidianamente messe sotto attacco dagli avvenimenti del mondo; arrendersi significa però consegnare il pianeta nelle mani sbagliate. Allora, sotto con la lotta.
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