I Marlene Kuntz a Crema

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Marlene Kuntz – Live @ Birroteca, Crema (CR), 30/08/2005

Ci sono molte cose che si vorrebbero diverse da come in realtà sono, sfortunatamente nella maggior parte dei casi questi desideri sono destinati a rimanere tali, alcune volte proprio per l’incapacità di andare oltre alla forma che per essi abbiamo deciso. Poi capita che alcuni di questi ti sorprendano, ti prendano alla sprovvista come un regalo inatteso, ma segretamente sperato, e il concerto dei Marlene Kuntz del 30 agosto alla Festa de l’Unità di Crema è stato, per chi li annovera tra i propri gruppi preferiti, uno di questi casi.
La sorpresa comincia a dir la verità un po’ prima del concerto, per la precisione a una conferenza stampa cui si presentano Cristiano Godano, Riccardo Tesio e Luca Bergia accompagnati, oltre che dagli organizzatori della festa cremasca, anche da Diego Pallavera dei Valéry Larbaud, il gruppo che aprirà il concerto ai Marlene. La conferenza era aperta anche ai gruppi musicali e probabilmente avrebbero potuto partecipare anche dei fan del gruppo (come è probabile che effettivamente ce ne siano stati). Aperta ai gruppi musicali non sottintende “cremaschi”, ma tant’è, di presenti ci sono solo loro, complice probabilmente uno strano andamento dei rapporti tra mondo musicale cremonese e cremasco per il quale sembra occorrere quello che in altri campi viene definito “ufficiale di collegamento” (e la presenza dei provenienti dal capoluogo si è dimostrata alquanto numerosa in seguito, quindi che perlomeno ci fosse un concerto si è saputo).
Che i Marlene siano pacati al difuori dell’ambito musicale immagino non sia una sorpresa per nessuno; quanto non vivano in un mondo tutto loro, come tanti musicisti anche meno meritevoli, potrebbe sorprendere molti. Probabilmente complice il fatto che i giornalisti presenti non erano armati di penne avvelenate, il clima è subito disteso e la prima azione del gruppo è bere un caffè. Volevo prenderne uno anch’io per essere partecipe della loro tranquillità, ma, essendo seduto in prima fila, avrei sicuramente fatto la figura del maleducato, così niente caffè e una blanda agitazione.
Il tutto si svolge in maniera tranquilla e seria, con domande magari un po’ banali, ma oneste, come lo sono le risposte: esaurienti e senza proclami. E se i Marlene capiscono che chi sta rivolgendo loro delle domande preferirebbe chieder loro un autografo, perlomeno non ne approfittano. Una volta terminato l’incontro, silenziosamente come sono arrivati, i Marlene ripartono per il soundcheck preconcerto, avendo cura di salutare personalmente i presenti. Ovviamente l’autografo mi è andato in oca mentre soppesavo l’opportunità di una foto.
Come apertura ai Marlene i Valéry Larbaud si dimostrano quanto di più promettente, ma soprattutto originale, abbia in circolazione la nostra “bassa” musicale: al di là delle innegabili capacità tecniche, i VL si cimentano con maestria in un rock difficilmente catalogabile, perlomeno in ambito italiano, e sfruttano ottimamente la vetrina a loro disposizione, conquistandosi l’attenzione di un pubblico che ovviamente è lì in stragrande maggioranza per ascoltare i Marlene Kuntz. Forse questo avrà dato un po’ di soddisfazione a Diego, che sembrava un po’ pessimista prima del concerto: «La verità è che il rock in Italia è provinciale, è difficilissimo farsi conoscere al difuori del proprio giro e a volte non basta neanche quello. Basta contare i siti dei gruppi: pullulano, ce ne saranno almeno trecento in zona, ma non si riesce a suonare. La situazione è disarmante».

L’attesa per i Marlene sembra abbastanza tranquilla, anzi c’è quasi l’impressione che difficilmente si possa raggiungere il tutto esaurito dell’ampio barchessale. Sarà che aveva ragione Tesio, quando alla domanda se per caso ci sia crisi di seguito e di possibilità per i gruppi che suonano musica propria (e non commerciale) come i Marlene ha risposto: «Probabilmente è il pubblico che è meno interessato, di conseguenza è più difficile trovare spazi, affermarsi. Poi è la solita diatriba se sia la qualità scarsa che allontana il pubblico o lo scarso interesse che abbassa la qualità. So che i locali non chiamano i gruppi che fanno musica propria perché al massimo avrebbero trenta-cinquanta persone, se viene la cover band invece ce ne sono trecento. Io credo che sia una questione di cicli. Dieci anni fa c’erano tantissimi gruppi che iniziavano sulla scia di Seattle o di Manchester. Adesso la situazione è diversa, ma se è una questione ciclica, spero che la prossima ondata arrivi presto». Fortunatamente per i Marlene questo sembra essere un problema marginale, il seguito di aficionados rimane comunque consistente, e difatti in pochi minuti la situazione cambia decisamente e l’attesa sotto il palco meno comoda.
Quando il pubblico comincia a diventare rumoroso, eccoli salire sul palco con stile, ma con meno “autocelebrazione” del proprio ruolo e più “serenità” rispetto a esibizioni passate; forse in questo la presenza di Gianni Maroccolo gioca un forte ruolo.
L’inizio, conoscendo qualche retroscena, potrebbe sembrare quasi una sfida a un certo tipo di pubblico: Grazie non è certo la canzone che ci si aspetterebbe come apertura di concerto, difatti serpeggia una certa disapprovazione per questa scelta. Sarà un caso, ma ai concerti chi si lamenta risulta anche tra quelli che pogano quando non c’è nulla di pogabile, che ti rovesciano la birra addosso, insultano i musicisti, si strusciano con tutte le ragazze nei paraggi e, in definitiva, rompono i coglioni fino a esasperarti.
Ora, che questa tipologia di persona si disaffezioni a un gruppo che apprezzo, non può che farmi piacere.

Sul fatto che a molti vecchi fan non piaccia la nuova direzione musicale intrapresa dal gruppo Godano è stato abbastanza categorico: «Sì! Sì, dà fastidio. Certo, fa parte delle regole del gioco che qualcuno ti voglia sempre uguale e che mentre ti fai conoscere da nuovi fan qualcuno di quelli vecchi perda interesse, ma a noi ha dato molto fastidio il modo in cui siamo stati accusati di esserci “sputtanati”. Come si fa a dire una stronzata del genere? Quello che conta per un gruppo è l’onestà intellettuale e noi ne siamo orgogliosi, chi se ne frega delle critiche o del trend o della musica commerciale. Se la nostra musica non ti piace più non ascoltarla, ma non puoi dire che non abbiamo sempre seguito la nostra strada solo perché il nostro nome comincia a essere conosciuto anche da qualcun altro. Voglio dire: con questo lavoro si può vivere, e vivere dignitosamente, ma si fa fatica, ci si ritrova a resistere, e resisti solo se credi in quello che fai. E se qualcuno sostiene che i Marlene Kuntz oggi non sono più in grado di contribuire alla crescita del rock italiano sta dicendo una grande cazzata, al di là dei gusti personali».
Nonostante i “sabotatori endemici” di ogni concerto, ben presto si capisce che i Marlene smentiscono con i fatti i loro detrattori: l’impatto sonoro è solido, energico e vibrante, quanto di meglio si sia sentito recentemente, complice probabilmente un ottimo service e una preparazione molto curata dell’evento («L’obiettivo di ogni concerto non siamo noi stessi o il nostro ego, ma la soddisfazione del pubblico»).

La scaletta si dipana tra furiosi cambi di ritmo e placidi accompagnamenti, spaziando un po’ tra tutti gli album, con Bianco Sporco, Senza Peso e Catartica a farla da padroni, e in minor percentuale Il Vile e Che Cosa Vedi (Ho Ucciso Paranoia invece sembra da un po’ sulla blacklist), e sì, tutte le canzoni che volevate sentire assolutamente vi sono donate, con in più un bel seguito di molte altre, per un concerto che supera le due ore, dove i MK, oltre alla classica pausa e rientro (terminato con uno dei finali strumentali più coinvolgenti che abbia mai sentito, molti gruppi che hanno il vezzo di terminare un concerto in questo modo credo avrebbero parecchio da imparare), ne aggiungono un’altra a testimonianza del buon feeling reciproco sviluppatosi durante il concerto tra il gruppo e il pubblico di Crema.
Il concerto dunque termina con soddisfazione da ambo le parti: il pubblico è in gran parte rinfrancato sulle sorti di uno dei gruppi più influenti a livello nazionale e il gruppo ha potuto percepire che la via intrapresa, seppur difficile, è quella giusta. E per il futuro? «È presto per dirlo, ma nel prossimo disco potrebbero esserci novità: la musica prenderà nuove direzioni, abbiamo necessità di stupirvi ancora. Come? Sarà una sorpresa».

Grazie a Q e Seba per il supporto nella stesura del reportage.

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jami

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