Castello Visconteo, Pavia, 24/09-04/12/2005
Al Castello Visconteo di Pavia, fino al 4 dicembre, sono esposti i Disegni proibiti del maestro viennese Gustav Klimt. La suggestiva mostra si compone di cinquanta disegni su carta, tutti sul tema del nudo e dell’erotismo.
Io non sono certo un esperto d’arte, e nemmeno un appassionato in senso stretto, ma ogni tanto subisco la fascinazione della creatività dei grandi maestri. Come in questo caso. Quando ho visto il cartellone pubblicitario affisso sulla strada del mio quartiere, ho subito avuto la curiosità di andare a vedere con i miei occhi.
L’occasione per visitarla con calma, evitando i probabili affollamenti del fine settimana, mi si è presentata martedì 1º novembre, festa comandata. Dopo la messa mi sono messo in macchina alla volta di Pavia. Ho approfittato della giornata anche per andare alla ricerca dei sapori pavesi con i miei compagni di viaggio, nella ferma convinzione che l’Arte ci sarebbe parsa ancor più entusiasmante dopo un buon pranzo. Mi piace segnalare il luogo del nostro desinare, rivelatosi ottima scelta tra le molte possibili: la Trattoria La Barcéla di Travacò Siccomario, poco lontana dal noto ponte della Becca. Le specialità: ceciata di Ognissanti, brasato d’asino e brodo di giuggiole come digestivo.
I tentativi di evitare l’affollamento non sono parsi efficacissimi e del resto non era impossibile immaginare che altri avrebbero deciso di destinare un giorno festivo all’Arte. In ogni caso l’esposizione era più che fruibile. In un lungo salone del Castello Visconteo sono allineate in un percorso non scontato le cinquanta opere. Il primo che appare al visitatore è il disegno che fa da simbolo della mostra e subito ci si stupisce del fatto che siamo davvero di fronte a semplici fogli. Altrettanto subitamente ci si rende conto che dietro la semplicità formale si nascondono opere entusiasmanti. Per essere sinceri, la cosa che colpisce immediatamente è l’aspetto erotico. I vari disegni sono appesi vicini l’uno all’altro su divisori che creano una specie di labirinto nel salone. Attraverso i varchi, oltre alle opere direttamente davanti a noi, intravediamo praticamente tutti gli altri disegni. Solo donne nude. Decidiamo di concentrarci su un’opera alla volta, ma resta il fatto che per i quaranta minuti successivi ci ritroveremo ad ammirare il corpo femminile in decine di “situazioni” diverse, è normale che l’effetto sia un po’ straniante.
Le reazioni: costante stupore di fronte alla capacità di rendere una gamma vastissima di corpi femminili con pochi tratti di matita. Vezzosa ricerca dei dettagli ricorrenti, come le bocche colorate di rosso o il lenzuolo che a volte copre i corpi nudi e che sembra sempre lo stesso. Intriganti ipotesi sugli eventi che hanno preceduto la posa divenuta disegno. Poi ci si accorge che, tra i tanti, alcuni disegni semplicemente ipnotizzano: un ritratto che sembra un fumetto di Milo Manara, una donna completamente persa nel piacere, e soprattutto l’ultimo quadro della serie, nell’angolo in fondo alla sala: la figura intera di una donna, completamente avvolta in una coperta. Sicuramente l’opera più seducente della mostra.
Gustav Klimt e le sue opere più celebri (soprattutto Il bacio) sono note a tutti e a dir la verità una mostra sui suoi “grandi successi” forse non mi avrebbe intrigato così, ma l’opera simbolo della mostra, ammiccante dal cartellone, lasciava intendere che avrei potuto ammirare le capacità “di base” del pittore Klimt. Essendo completamente incapace di disegnare, ammiro dei pittori l’estrema facilità con cui creano; soprattutto quando mi rendo conto che i capolavori non nascono da una padronanza di strumenti che io non conosco (in quel caso avrei una specie di alibi), ma da puro talento. E come non riconoscere il talento di fronte a capolavori simili creati usando solo un foglio di carta e una matita? E senza scopi particolari: Klimt non voleva che questi disegni finissero al grande pubblico, spesso erano solo studi per i suoi quadri, come lo studio per Danae.
Eppure anch’io ho preso in mano matita e carta, senza ottenere nulla di anche solo vagamente “non terribile”. E così mi rendo conto delle distanze siderali a cui si trovano queste persone rispetto ai negati come me, degli ordini di grandezza che separano la gente comune dai geni, ed è allora che mi emoziono davvero, è allora che l’Arte mi colpisce davvero, è allora che penso che l’Arte è la più “utile” delle attività umane: quando capisco di avere davanti a me qualcosa che non avrebbe mai potuto esistere senza la sensibilità e il talento di chi l’ha creata. Ora potrà essere imitata, copiata, riprodotta all’infinito, ma fino a poco fa nessuno poteva nemmeno immaginarla, nemmeno chi oggi la riproduce identica, l’opera d’arte.
Ecco, come al solito quando mi siedo a scrivere questo tipo di pensieri parto per la tangente, scusatemi. Prendetelo come un esempio dell’effetto che questa mostra può fare ricordandola dopo diversi giorni.