Battiato a Cremona

Presentazione del film Musikanten al Cinema Tognazzi, 17/11/2005

Non ho mai pensato che si potesse trascorrere un giovedì sera 17 novembre di un qualsiasi anno in compagnia di Franco Battiato, uno da «Shock addizionali! Shock addizionali!» e altre cose così, insomma sempre da interpretare, tipo «…Sufi soffocati» oppure «Ritorneranno, dinosauri antidiluviani, una razza di super-rettili, che si mangerà, sciallallallallallà!» e insomma te cosa fai, non ci vai? Incroci Allo per strada, ti dice «Oh, guarda che vengon giù Battiato e Sgalambro per il Salone dello Studente, al Tognazzi, li intervisto io, presentano Musikanten, il loro film criticatissimo a Venezia, io non l’ho visto ma temo». Gli chiedo cosa teme, forse che il film sia realmente un pacco? «No», mi fa, «temo proprio Battiato, sto studiando Storia Medievale e Storia di Cremona, devo accompagnarlo attraverso Piazza Duomo e ho paura mi chieda qualcosa!». Cosa fai, non ci vai? Non li prendi quattro bei biglietti in prevendita a 7 € l’uno? Certo che li prendi, anche se ti domandi come mai ci siano due appuntamenti-evento organizzati dalle Politiche Giovanili per il Salone dello Studente e li facciano lo stesso giorno alla stessa ora, tenuto pur conto della diversità di target dei due artisti (l’altro è Simone Cristicchi al Palazzetto). E come mai uno sia gratis mentre l’altro no. E vabbeh. Fatto sta che ci andiamo, io & la Pupina e la coppia Mardco & Sarda, che han la “d” nel nome per colpa del don che li ha sposati.
Già dall’atrio del Tognazzi si capisce che è un evento, ci sono fuori i ragazzi alternativi e mezz’artisti di Cremona, fumano sigarette in maglione, combattono il freddo e il vapore che esce dalle bocche sorridendo, domandandosi se stanno facendo la cosa giusta. Dentro c’è Muche per la recensione de La Provincia, non s’azzarda a salire le scale verso la sala, non supera il controllore-maschera (un inflessibile sosia di William Hurt giovane in divisa Tognazzi) e mi dice sconsolato «Aspetto Allo, senza di lui non posso entrare!». Poi c’è Susie con la troupe di Telecolor, le telecamere, i microfoni a gelato. E ci sono i giornalisti e i pezzi grossi del circuito provinciale del giro degli enti e delle associazioni, gli artisti di nome, quelli dei circoli e dei cineclub, i fan giovani del maestro e quelli un po’ meno giovani, molti son genitori di persone che conosco, habitué di questo tipo di incontri, un pubblico molto selezionato. Molto esigente quindi, che non vede probabilmente l’ora di sviscerare il pensiero più recondito del suo idolo, che non vede l’ora insomma di sentirsi schiacciato e migliorato dalla filosofia mistica del cantore di La Cura e di Gli Uccelli. C’è anche qualcuno tra noi che ha visto la precedente fatica cinematografica del maestro, Perdutoamor, e l’ha apprezzato. Qui al Tognazzi, questo giovedì, costoro cercano di capire se l’artista manterrà ciò che ha iniziato, ché la seconda opera è sempre la prova del fuoco. E insomma, abbiamo Battiato a Cremona, vogliamo spremerlo oppure no? Abbiamo Battiato a Cremona non per cantare, vogliamo goderne o no? Beh… Evidentemente no.
Intanto Battiato arriva privo dell’alter ego Sgalambro ma accompagnato dal giovane Allo, l’emozione è realmente particolare, non si può far finta di non sapere che razza di monumento abbiamo di fronte. Il mediatore Segalini parte con la presentazione del pacchetto di sostegno. Introduce dapprima il maestro, quindi l’Assessore alle Politiche Giovanili signora Celestina Villa (assente), infine Allo, incaricato di intervistare il divino. Prima di cominciare un bel ringraziamento ufficiale ai numerosissimi e prestigiosissimi sponsor che han reso possibile la serata qui al Tognazzi (e allora perché ho pagato?) e anche di là al Palazzetto, dove nelle parole di Segalini lo show di Cristicchi è trattato alla stregua di un concerto dei Pink Floyd. Poi c’è il problema del microfono di Franco, che scarica di brutto spaccando i timpani dei presenti e che nessuno, pare, riesce a domare. Dopo un po’ Allo stesso prova a smontare pezzo per pezzo lo strumento ma non accade nulla, quindi si chiama un Esorciccio qualsiasi per scacciare il demone del rumore e la cosa pare riuscire, ma neppure un applauso per il giovane tecnico in barba, maglietta e jeans che con calma e professionalità risolve il problema. Poi si riprende il discorso, che verte sul «Perché ancora il cinema», ma accade l’imprevisto. Dalla cima della scalinata centrale scende come un monito l’inflessibile William Hurt giovane (in divisa Tognazzi) che, senza motivo, in un assoluto mutismo, si piazza giù alla tavolata degli ospiti e oscura il maestro alla vista della platea, iniziando a tormentare di nuovo il cadavere del microfono sezionato. Il quale riprende a scaricare fulmini! È inspiegabile il comportamento del povero William, lo stesso Franco lo umilia e lui, redarguito per troppa solerzia, se ne torna su oltre le tendine, sempre nel suo sorridente mutismo. Si riprenderebbe ora finalmente il discorso, ma ecco che compare l’Assessore Celestina Villa. Sorriso impeccabile, si scusa col pubblico e con Franco, giustifica il ritardo col fatto di essere venuta a piedi, «Sono una di quelle persone», commenta apprensiva, «che preferisce l’uso delle gambe a quello dei mezzi pubblici!». Gelo in sala. «Privati!», si affretta a correggere. «Privati!». Applauso. Poi ringrazia di nuovo gli sponsor pure lei. Fischi per noia. Poi Segalini butta lì una domanda che proprio non riusciva a trattenere dentro, «Una domanda», spiega al maestro, «che doveva farti Allo, ma che ti anticipo io!», e così Franco non sa se deve rispondere a lui o ad Allo, il quale è già così poco a suo agio di suo che si schiaccia del tutto.
Poi il divino parla del suo tipo di cinema, dice che è molto difficile, dice che se anche lo criticano a lui non cala un tubo, che tanto i critici che valgono in Italia son due o tre, gli altri son fuffa. Soprattutto quelli istituzionali che parlan male del suo lavoro. E porta alcuni divertenti esempi dal recente Festival del Cinema di Venezia, su Kitano, su Soderbergh, su de Oliveira. E qui è godibile, applausi. Poi dice che Il cacciatore di Cimino lo stufa dopo due dialoghi. Fischi, dentro di me. Poi Allo, vincendo l’imbarazzo, pone duo o tre domande anche interessanti, alle quali lui risponde prodigo. Poi l’Assessore Villa dice che spera il film ci soddisfi, come se Battiato fosse qui per sostenere un esame (gelo), ma Franco butta lì un ironico «Ve lo garantisco!» per stemperare. Applausi. Ma la Villa non molla, dice «Che “Ve lo garantisco”? Da che mondo è mondo è il pubblico a decidere se un film soddisfa oppure no!», e questo magari è vero, però il clima che monta dopo l’affermazione è imbarazzante. Gelo e fischi interiori. Sembra un tanto disarmonico, l’insieme. Un tanto superficiale. Battiato questa tipa qui delle Politiche Giovanili la teme di già. Infatti tace, ringrazia e dice «Buona visione», poi scompare nel buio salutando, come un messia venusiano. E ci guardiamo il film. Il film mi risulta inguardabile. A tratti ridicolo. Capisco perfettamente che a Venezia l’abbiano criticato. Quel che non capisco è come mai questi artisti non si rendano conto che per cambiare arte ci vuole talento. E che non basta l’ego, per quanto smisurato. Hai voglia, criticare Cimino e poi presentare questi mattoni dai dialoghi insostenibili e dal filo logico personalissimo, sostenuti da attori di teatro che sforano nella fiction (il mio adorato Gifuni sembra un alieno). Ci si ritrovano anche pillole del suo pensiero, è innegabile. E parti stralunate e godibili, come l’intervento di Antonio Rezza, davvero mirabolante. Ma il resto riesce assurdo. Un film che usa gli ultimi giorni di vita di Beethoven per parlare di temi superiori, di massimi sistemi dell’intelletto e dell’anima, di arti spirituali e sovrapposizioni del vissuto. E Sgalambro narratore esterno/interno è devastante. Alla fine scatta l’applauso timido, ma è solo perché si teme che il divino sia ancora tra noi. Invece lui è furbo, dopo il «Buona visione» era già telato. Al suo posto c’è seduto il sindaco, apparso direttamente dal taglio della torta del Palazzetto. A saperlo non si applaudiva. Ribo all’uscita mi dice «Beh, non mi è dispiaciuto, solo questo non è il mio genere di cinema!», e io: «Perché, che genere è questo?», e lui: «Non so, però a me piace Tarantino!», e mi chiedo due cose: ma perché mi gira un film adorante sugli ultimi giorni di vita di Beethoven uno che cantava «A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata»? E poi, non era decisamente meglio organizzare il concerto di Battiato e far girare un cortometraggio a Cristicchi? Magari le due cose riuscivano meglio.

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Andrea Cisi

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