Asso di spade
L’asso di spade delle carte da briscola più diffuse dalle nostre parti – le piacentine, dispiace per le anime più campaniliste – ritrae sì un dolce angioletto, sì una voluminosa ghirlanda di foglie ornata da rose rosse, ma anche una spada enorme (o di normali dimensioni, ma enorme se rapportata al tenero bagolo alato che la sostiene, più che impugnarla).
L’innocenza, la bellezza, la violenza. Tutte caratteristiche che ritroviamo all’Antica Osteria del Fico, tappa irrinunciabile del Cremonapalloza Tour, locale da noi sempre frequentato e, a maggior ragione, in anni recenti, in virtù di una proficua collaborazione di cui dirò brevemente tra qualche riga.
L’innocenza è la dimensione dei giovinetti – ma più delle giovinette, mi pare, a spanne – di età liceale, o anche universitaria, che occupano le stanze di Via Guido Grandi attraverso un sistema semplice ma ingegnoso: la prenotazione dei tavoli. Il compleanno della nostra Peggy Sue (nome di fantasia) sarà festeggiato con amiche selezionate, in un’atmosfera rilassata e cool, nella saletta principale o, nei mesi più caldi, nel fresco cortiletto retrostante, o ancora nell’adiacente tavernetta al coperto. Che orrore la caciara delle piazze più beone del centro, che disgusto dover urlare le ordinazioni ai camerieri mentre il reggaeton tutto sovrasta; molto meglio rintanarsi al Fico, godere della musica – anche di qualità – diffusa al volume giusto e stringere amichevoli rapporti con l’elegante staff, capitanato da Mario. Insomma, il Fico è, in prima istanza, il luogo cremonese di chi, già da giovane, è fico. Nomen omen. Ma quanto scritto vale anche per le compagnie di milf (sempre siano lodate) et similia: la nostra Peggy Sue, che celebra al Fico i suoi 25 anni, può trovarsi vicina di tavolo della nostra Mary Lou (altro nome di fantasia), che ha scelto il medesimo luogo per brindare ai 50. E vale anche per gli uomini, in special modo quelli curati, di quel curato che mai sfocia nel tronista (sono rari, ma esistono). Dicevo della coolness che il colpo d’occhio sul locale trasmette: essa è senz’altro figlia dell’intransigente sensibilità estetica di Pier, che però, come un monarca illuminato, non impedisce ai frequentatori di proporre soluzioni di stile, le quali – talvolta – vengono financo accolte, a testimonianza dell’infinita magnanimità del sovrano di cui sopra. Per esempio, da qualche mese, in veste di complemento d’arredo, nella saletta principale fa bella mostra di sé una grossa cassa audio Pioneer, che fu mia e che feci friggere alla fine dell’anno scorso, mentre sul piatto del giradischi viaggiava In Rock, dei Deep Purple, che stavo ascoltando in casa a un volume da galera. Adesso la fu cassa è un parallelepipedo d’amore e sacrificio rock’n’roll collocato al Fico, e tanto basta a donarle una seconda vita.
La bellezza è la dimensione culturale del Fico, ed è questa che più delle altre accende l’amore di noialtri di Cremonapalloza. Da tempo immemore, infatti, superato il bancone, il locale – nelle ridotte dimensioni dei tre spazi che lo compongono – assume le più disparate forme di luogo polifunzionale: galleria d’arte, ai cui muri troviamo opere pittoriche o fotografiche, disegni o installazioni; palco per concerti, che ospita musicisti dalle proposte sempre ricercate e particolari; console per dj set, colonna sonora degli appuntamenti annuali fissi, tra cui l’imprescindibile party carnevalesco e la festa darkettona primaverile (dove spadroneggia la Mare, che lavora come barista al Fico quando non è impegnata a vincere concorsi per sosia new wave di Anna Magnani); teatro, e allora in pedana avremo performance e improvvisazioni, letture e stand-up comedy; circolo letterario, ove godersi presentazioni di romanzi, saggi e graphic novel; simposio (non esagero), laddove si organizzino incontri e confronti intorno a temi filosofici; ma soprattutto, spazio per rassegne di conferenze con la possibilità di proiezione audiovisiva. Alle relatrici e ai relatori viene lanciato un input, ma anche lasciata sostanziale carta bianca su come presentare i propri contenuti. Proprio per la volontà di Mario di vestire in continuazione il posto di iniziative del genere, a me piace definire il Fico, in fin dei conti, un circolo culturale travestito da locale.
Che figata!, si dirà. Ma certo: pregiandomi di essere uno di questi relatori – ed è qui che la collaborazione con Cremonapalloza si concreta – e avendo condotto al Fico ormai una dozzina di serate (and counting), posso dichiarare non solo di essermi trovato accolto come un figlio che ha fatto una cazzata viene accolto sulla soglia di casa da un padre amorevole, ma anche che sto cercando di far inserire nel menu una piadina a mio nome, il che scardinerebbe la tradizione che vede in elenco solo nomi di celebri artisti della storia del rock. Si tratta di un gustoso ensemble di ingredienti vegetariani, abbastanza libero nella composizione, avvolto da una piada di pasta di kamut. L’importante è che il tutto sia piccante. Il brevetto della deliziosa primizia si deve alla Simo, che regna sulla cucina serale assieme al transalpino Vincent (a pranzo entra in gioco Silvia). E tornando alle rassegne, visto che la metratura della saletta del Fico non è quella dello United Center di Chicago, Illinois, quando sono in programma tali appuntamenti, si consiglia di arrivare per tempo, facendosi proprio una piadina e una birra prima dell’inizio e assicurandosi un posto a sedere attraverso un sistema semplice ma ingegnoso: la prenotazione dei tavoli.
La violenza è la dimensione parallela in cui – non posso parlare per altri, parlo per me – mi addentro quando la bellezza della cultura dell’amore delle serate culturali di straordinaria beltade trova necessaria celebrazione nella decisione di concedermi giusto una birra, tipicamente un’American Pale Ale (notevole già per via dell’acronimo palindromo apa), spillata come Cristo comanda dalla giovane Andreea, che si assomma a quella bevuta mentre tenevo banco (parlare per due ore mette sete), che si unisce a quella bevuta al mio arrivo per rilassarmi, che fa il paio con quella bevuta perché un fan particolarmente gentile me l’ha messa in mano senza chiedermi alcunché. Il poker servito di apa si farebbe sentire anche da solo, ma sovente capita che a esso seguano una volta il whiskino, un’altra l’amaro, un’altra il simpatico chupito, un’altra ancora l’allegro cocktail, e insomma, anche oggi si sono fatte le ore piccole e sono ancora al Fico, improvvisamente ciucco, mentre chiacchiero amabilmente con una cougar e spiego con garbo – per la quarta volta – a un freak nottambulo che non ho una sigaretta da offrirgli, mentre pontifico di film e di musica con qualche amico tiratardi e intanto mi aggrappo al bancone per non cascare dallo sgabello.
Domani sarà hangover assicurato, ma ne sarà valsa la pena.
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