Esposizione arte contemporanea, C.S.A. Dordoni, 07/03/2008
Un pregio della sala concerti del C.S.A. Dordoni è quello di diventare multifunzionale all’occorrenza. Eccola, allora, trasformarsi alle volte in dance floor, altre volte essere luogo di conferenza, altre ancora riempirsi di tavoli per una rassegna enogastronomica. Venerdì 7 marzo 2008 è bastata una strisciata di carta rossa sulle pareti per travestire la sala da galleria d’arte. L’esposizione, dall’eloquente titolo Pornerotika, non imponeva vincoli di linguaggio espressivo: si sono quindi potuti apprezzare disegni, dipinti, illustrazioni, tavole a fumetti, fotografie, sculture e installazioni.
Sottrarsi al gioco delle preferenze è impossibile; segnalo dunque le opere che più mi hanno colpito, per un motivo o per l’altro. La prima è sicuramente Amor(t)e, di Eta (olio e acrilico su tela). Il rapporto sessuale rappresentato è volutamente il più convenzionale (trattasi di una semplice unione uomo/donna nell’ampiamente codificata posizione del missionario), ma al contempo è stravolto dalla suggestione orrorifica del sangue, della carne, in ultima istanza della morte. Ai cinefili ricorderà senz’altro il primo Cronenberg. Il colpo di genio è per me dato dalle espressioni facciali degli amanti: tutt’altro che deformi o mostruose, anzi dolci e gaudenti, mentre il sangue cola dalla bocca di lui (corpo, apparato muscolare e osseo, agglomerato di pelle e nervi) direttamente sui capelli e sul volto di lei, e le pance si uniscono in una viscosa simbiosi. Di certo una delle opere più forti dell’esposizione, se non la più forte in assoluto. Eros e thanatos.
Immediatamente a destra dell’opera di Eta, ho trovato ottima la serie Labbra: tre fotografie di Carolina Farina, nelle quali la chiara tendenza pop all’opera quadrata, all’ipercolorato, all’immediatezza si mette al servizio di doppi sensi erotici e anatomici più o meno velati. Un bicchiere di latte col bordo sporco di rossetto; una tazza di spremuta rossa con a fianco la stampa di una bocca; uno schiaccianoci.
Sul lato opposto al palco è allestito l’angolo Autoerotismo, a cura di Sciakkalo: grezze immagini fotocopiate di ruspanti “donne nude” (tanto per dirne una: Serena Grandi). Il tutto rimane in mente proprio per il suo allegro non voler essere opera d’arte e per il richiamo diretto all’universo naïf della commediaccia scollacciata italiana. A fianco, un banchetto con l’immancabile bambola gonfiabile e un contorno di oggettistica da sexy shop.
L’altra parete è dominata dal piccante bianco e nero col quale Fiamma mette in scena The Lost Art Of Porno Veiling. In realtà i due scatti, molto ben realizzati e tra loro inscindibili, sono erotici e non pornografici, ed è un gran bene. La modella Veil è catturata nell’archetipo del letto sfatto, dello sguardo languido, della sigaretta, della copertina di Playboy (rimando autoreferenziale e metatestuale a un’altra opera di Fiamma, Do You Like My Cash? 1). La seconda fotografia, di dimensioni ridotte, mette a fuoco il particolare più spinto: il dito che allarga uno degli strappi sul fianco dello slip.
Sul palco trovano spazio illustrazioni, generalmente ben fatte, e due interessanti installazioni. La prima è Il feticcio dei capelli, di Erica con la c di casa con la partecipazione di Giulia e Fofo: si tratta di una specie di cappelletta a muro, con tanto di tendina, dedicata a chi ha il culto perverso delle chiome fluenti (io ce l’ho).
L’imponente Sexy Sensorial Cube, di LK, è invece un marchingegno di piacere che coinvolge quattro sensi su cinque.
Comincio da un punto qualsiasi e il cubo (che è poi un parallelepipedo) mi suggerisce di tuffare il naso dentro una fessura: avverto un profumo dolciastro all’interno. Poi, il lato dell’udito: attraverso gli auricolari ascolto gemiti femminili che terminano in un orgasmo. Per sbaglio, non metto le mani abbastanza in profondità nei due buchi dalla parte del tatto, e infatti rimango perplesso; mi diranno poi che c’era dentro un simpatico fallo di gomma e, improvvisamente, l’aver fruito dell’opera solo per tre quarti non mi sembra un gran problema. Per ultimo, mi riservo il lato della vista: guardando nella feritoia triangolare, mi trovo davanti a uno slide show nel quale immagini soft e hard si alternano arbitrariamente.
Senz’altro riuscita per quanto riguarda organizzazione e presenza di pubblico, Pornerotika ha dato a una ventina di giovani artisti la soddisfazione di vedere esposte le proprie opere e in generale la possibilità di farsi conoscere, e già per questo è stata un’iniziativa lodevole. Un po’ deludenti, dall’altro lato, parecchi lavori, per la (tutto sommato) poca fantasia nella scelta delle tematiche e nella declinazione di “amore/sesso” presente nella maggior parte di essi. Pochissimi riferimenti all’omosessualità, quasi nessuno al transgender né alle ultime novità in fatto di trasgressione. Soprattutto, credo che Lilian di Roberta Sacchi (l’unica storia a fumetti ad avermi convinto) sia la sola opera a imporre coraggiosamente un maschio come oggetto finale del desiderio, ribaltando il cliché che vuole sempre la figura femminile in questo ruolo. Gli artisti possono e devono osare di più, non necessariamente in direzione estrema o pornografica, quanto piuttosto in senso esplorativo, avventurandosi nelle mille dimensioni dell’erotismo, senza fossilizzarsi sulle solite.
Chiudo con una nota di (non) colore. Tra i presenti era alta la percentuale di nerovestiti: dark, punk, metal (volti noti, ma anche nuovi). Un gradino sopra tutti gli altri, una coppia in perfetta tenuta sadomaso: Prepuzio e Amanda…