Janfree D.Day – Live @ C.S.A. Kavarna, 29/04/2006
La serata era nota da un sacco di tempo: in occasione dei festeggiamenti di laurea di Janfree, il 29 aprile si sarebbe verificato al C.S.A. Kavarna un evento storico (per usare un eufemismo): la reunion dei Fruit Of The Doom, il più grande gruppo punk rock a cui Cremona abbia mai dato i natali, a quasi sei anni dallo scioglimento.
Personalmente ero eccitatissimo all’idea di un nuovo concerto di questa leggendaria band, alle cui esibizioni sono legati molti ricordi dei miei anni liceali. Come dimenticare il concerto alla Baja Latina, con Janfree capellone con la maglietta con la svastica sbarrata? E la data alla Festa del Libero Pensiero 2000, primo concerto della cui organizzazione mi sia mai occupato, con Fruit Of The Doom, Endovena e Freakout!, con elmetti militari, pogo violento e cinque birre a ogni musicista come compenso? E i ricordi sarebbero tanti altri, si accalcano nella mente come i kids cremonesi si accalcavano sotto il palco. Io, poi, avevo in classe Spino, per cui di Fruit Of The Doom ne sapevo a pacchi (conoscevo anche i pezzi in cantiere, poi mai suonati effettivamente). Ricordo l’evoluzione dal punk rock puro al «rock’n’roll accelerato», come Spino l’aveva definito (suscitando perplessità nel Prof. Anteguerra e in me), cioè un garage/psychobilly. Ok, basta con la nostalgia: veniamo al concerto.
Kavarna bello farcito. Attaccano le Debored, gruppo punk novarese composto per ¾ da riot grrrl (il drummer Federico è il restante ¼). La band attira subito un sacco di gente in zona palco, semplicemente perché siamo di fronte a un gruppo punk rock serio (non si vede spesso). La cantante, Annalisa, è Suprema: aspetto curato nei minimi dettagli, attitudine straordinaria, pose sexy/arroganti, voce stridula e melodica allo stesso tempo. Raramente ho visto una frontwoman (o un frontman) così capace in un gruppo giovane (e per giunta di recente formazione). Fanno un po’ di cover, tra cui spicca la grande I Fought The Law (versione The Clash), ma anche pezzi propri (Dissension For Sale e Fuck The Friend), in cui si fanno apprezzare anche come compositrici. Ai lati del palco suonano la chitarrista Diana, altissimo esponente della Brigata Frangetta, e la bassista Eve. Chiudono tra gli applausi. Avrò modo di fare due chiacchiere con Annalisa ed Eve a fine serata. Annalisa off stage è quasi l’opposto di Annalisa on stage. Contrasto sublime. Grandi Debored!
A seguire i Jojo In The Stars di Zet, che propongono il loro punk a tinte melodiche. L’immortale Hardcore California, eseguita ormai con il quarto (o quinto?) gruppo differente, catalizza la maggiore partecipazione del pubblico.
Arriva il momento più atteso della serata: Janfree sale sul palco con maglietta, jeans e occhiali da sole giganti. Con lui, Ben e Spino alle chitarre, Nicola Nicola alla batteria e per l’occasione Rob al basso (vista l’assenza di “Poppo” Santini, per cui si scateneranno cori celebrativi). L’attitudine è sempre quella: strafottente e stordito, Janfree ci spara addosso tutte (o quasi) le più grandi hit dei Fruit Of The Doom, sostenuto dal muro di chitarre/basso/batteria che ha mantenuto praticamente intatta la verve dell’ætas aurea di fine anni Novanta.
Nella setlist, tra le altre canzoni, spiccano i miei brani favoriti in inglese: Johnnie Never Walks Alone, Boyfriend, Let Me Know. C’è la cover storica degli Screeching Weasel, I Wanna Be Naked, e c’è anche I Fought The Law (per la seconda volta nella serata, dopo la versione delle Debored). Il D’Avico salta, si dimena, canta sdraiato sul palco, insulta il pubblico, mostra il culo, scollega il cavo del microfono e ci mette il tempo di un’intera strofa per recuperarlo. Insomma, niente è cambiato. Punk, profondamente punk.
Sul finale, il delirio collettivo si amplifica con l’esecuzione di Sono Uno Zarro, hardcore supertirato che scatena il pogo devastante, durante il quale mille teste (compresa la mia) rischiano di sfracellarsi contro gli spigoli delle due colonne davanti al palco. Sfortunatamente, nessuno si fa seriamente male.
Il doveroso bis, dopo gli altrettanto doverosi cori «San-ti-ni! San-ti-ni!» a cui accennavo, non prevede pezzi nuovi (perché il repertorio preparato dai Fruit è esaurito!): si ripiega quindi sulla riproposizione di Boyfriend e soprattutto, a distanza di pochi minuti, di Sono Uno Zarro, per la gioia della marmaglia di sbragoni sotto il palco. Trionfo totale, con il pubblico che invoca a gran voce Cremona Brucia. Visto che il gruppo non la fa, ci mettiamo a cantarla tutti a cappella, come un coro da stadio. Fantastico.
Serata spettacolare, mi lancio in lodi sperticate all’indirizzo di Spino e di Janfree. Per quanto ancora dovremo aspettare, prima di rivedere i Fruit Of The Doom terrorizzare Cremona?
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