Extreme Night – Live @ The Field, Carpaneto Piacentino (PC), 24/07/2005
Domenica 24 luglio, nell’ameno locale di Carpaneto Piacentino noto come The Field, gli assatanati di estremismo musicale di ogni tipo hanno trovato pane per i loro denti. Cinque gruppi, circa due ore e mezza di musica, generi diversi tra loro, ma con uno scopo comune: esprimere brutalità sonora.
Per primi suonano i Bleeding Tide, che propongono un pesantissimo death/thrash portato alle estreme conseguenze: rapidità d’esecuzione, vociazza che gratta un sacco, cattiveria ed headbanging roteante da parte di chitarrista e bassista. L’altro chitarrista inserisce assoli tipicamente metallici quando i ritmi rallentano un po’. Buon esordio, nel quale però è già chiaro che l’impianto audio del locale sarà una nota dolente della serata.
I secondi a salire sul palco sono gli Spectrum-X, che senza ombra di dubbio vincono la gara di figosità. Il cantante e chitarrista è una sorta di John 5 (il chitarrista di Marilyn Manson) agghindatissimo in stile industrial metal (anche se la musica poi non avrà nulla a che fare con il metallo à la Manson), truccato e pettinato alla perfezione. La bassista è una suicide girl non plus ultra, gotica, vampira ed elfa quanto basta. Secondo me stanno insieme e bevono il sangue del partner come aperitivo. Il batterista, invece, è un tipo normalissimo. Non mi è piaciuta la voce del cantante, ma forse perché l’ho trovata contraddittoria con l’aspetto. Da un tipo del genere pensavo di sentire qualcosa di più suadente o comunque melodico, mentre anche lui ha due spranghe di ferro al posto delle corde vocali. La musica è un nu metal psicotico e negativo, lento e ossessivo.
Il terzo gruppo della serata, quello per cui ci siamo mobilitati, sono i Makaber Antrieb. Bozzu alla voce, Riky alla chitarra, Ranca al basso e Steven alla batteria. Manca Bart, altro chitarrista (francese). Per Ranca è il primo concerto con questo gruppo. I Makaber Antrieb amano definire la loro musica catastrophic thrashcore. Si tratta di un grindcore decisamente brutale, con testi esistenzialisti cantati in italiano, a tratti velocissimo, pesantissimo nella resa sonora e nell’attitudine generale. Davvero bravo Bozzu: l’influenza di Giulio The Bastard sembra evidente, sia nel modo di cantare che in quello di stare sul palco, ma Bozzu aggiunge caratteristiche minimal assolutamente apprezzabili, su tutte l’inquietante alternanza nella postura tra i momenti strumentali e quelli cantati. Nei primi, libero da impegni vocali, rimane fermo, le braccia lungo il corpo o anche giunte dietro la schiena. Nei secondi emerge la rabbiosa impostazione hardcore, con una voce stridente (a volte quasi in scream) cacciata fuori al massimo della furia. L’esecuzione da parte degli strumentisti è buona e i pezzi risultano comprensibili (in questo genere, un’esecuzione sommaria si traduce automaticamente in un caos sonoro senza capo né coda). Peccato che Riky e Ranca siano un po’ troppo “sul posto” (e, da questo punto di vista, mi conferma lo stesso Ranca, si è sentita la mancanza di Bart, che sul palco si muove molto e con scioltezza). Ottimo Steven, che fa vibrare le pelli su ritmi rapidissimi, e con precisione. Giudizio positivo.
Penultimi i Viscera, trio che miscela grindcore, industrial e altre influenze che mi è parso di captare qua e là. Forse i più dotati tecnicamente, fanno un uso smodato di distorsioni estreme e sono molto disinvolti sul palco. Il leader, Mike B., che suona la chitarra e canta (quasi sempre in growl), si segnala per i capelli grandiosi (lunghissimi liscissimi castani chiari), per la chitarra, decorata con una fantasia a ingranaggi, dalla forma cattivissima, con i corni satanici sulla paletta, e per la maglietta indossata dopo il proprio concerto, nera con scritta bianca Kill a punk for rock & roll (la t-shirt heavy metal definitiva).
Quinto e ultimo gruppo, i Self Human Combustion, classico grind/brutal con chiara influenza Cannibal Corpse, Napalm Death, Brujeria ecc. Non male ma un po’ incasinati con i suoni, anche se probabilmente non per colpa loro (a un certo punto il bassista ha anche smesso di suonare, perché non sentiva la chitarra in spia).
Una buona serata, ma una scarsa risposta di pubblico: The Field mezzo vuoto, i pochi presenti hanno preferito adagiarsi sui tavoli in fondo, quasi nessuno sotto al palco. Peccato, perché, se c’è una cosa che traspare, è la passione mostruosa che tutti questi metalheads mettono in ciò che fanno, che meriterebbe un po’ di sostegno in più, al di là delle preferenze e dei gusti personali.
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