Raging Dead - Born In Rage
Finalmente, ma che cazzo! Dalla landa nebbiosa è emersa una band puramente rock’n’roll. Cremona ha avuto ottimi gruppi hard e metal, e tuttora si difende con alcuni progetti di valore, a cui però manca quel quid squarcione e pericoloso che fa la differenza nel mio gusto personale di fuso di testa. Accolgo allora con febbrile eccitazione l’uscita di questo ep dei Raging Dead, che rappresenta una vera iniezione di fiducia nella sempiterna diatriba sull’eventuale morte del rock. Il quartetto, la cui sezione ritmica si fonda su vecchie conoscenze del metal e del punk cremonese (il bassista Simon Nightmare proviene dagli heavy thrasher Slaves Of Fire, il mio idolo Tracii Decadence mutua parte del nome dal gruppo crust con cui ha esordito alla batteria, i Decadenza), è guidato dalla coppia formata da Cloud Shade (voce, chitarra ritmica) e dal giovanissimo e sorprendente Matt Void (chitarra solista). Ai due si deve la scrittura dei brani. E insomma, che cos’è questo Born In Rage, di grazia? Semplice: una bella scarica di calci in culo horror’n’roll con influenze punk rock, sleaze, hair e glam metal, come se i cadaveri dei Turbonegro risuonassero Appetite For Destruction o come se i Mötley Crüe e i Misfits facessero a gara per decidere chi è più depravato.
Il disco suona grosso, forte, pieno: il lavoro di Atomic Stuff è ottimo. Dopo la intro Awakening Of The Damned, composta e mixata dalla goth queen locale Maresca Gambino e scandita da una cavernosa voce che declama una citazione dal poeta metallico per eccellenza, Samuel Taylor Coleridge, si susseguono i brani Scratch Me, Anathema, Redemption, Nightstalker e Vengeance. E leviamoci subito ’sto dente: i pezzi si assomigliano un po’ tutti. Sai che problema: si potrebbe dire lo stesso delle canzoni dei Ramones, degli Iron Maiden o degli AC/DC, che pure stanno tra le band più grandiose di ogni tempo. A livello compositivo, ci sono margini di miglioramento, e sarebbe un peccato se così non fosse: ciò che stupisce, nei Raging Dead, sono aggressività, tecnica e, soprattutto, attitudine a pacchi. In un mondo musicale sempre più gerontocratico, nel quale le band (soprattutto se suonano rock vecchio stile) non escono dal cortile di casa prima dei trent’anni, sapere che là fuori c’è un Matt Void, che al momento non ha letteralmente l’età per andare in galera, che spara a raffica assoli à la Slash, caldi, acuti, stridenti, veloci e sporchi, è confortante. Lo stesso discorso vale per la voce di Cloud Shade, bravo, cattivo e sguaiato quanto basta. Simon Nightmare è una garanzia al basso (belli i passaggi in cui i brani si svuotano, lasciando protagoniste le sue quattro corde) e Tracii Decadence picchia su ritmiche, come detto, già ampiamente visitate in ambito metal anni Ottanta, ma ciao, che botta, che incedere, che voglia di asfaltare. Ne è passato di sangue, sotto il ponte di Po, da quando il tizio più rock’n’roll della città ha preso in mano le bacchette per la prima volta, dopo un’adolescenza da bassista.
Cose che rimangono da citare: la vera e propria traccia killer Nightstalker, orecchiabile e ruffiana il giusto, che vi ritroverete a canticchiare già dopo il primo ascolto; certi testi di Cloud Shade, macabri e divertenti («Better die than living virgin / Rigor mortis is the way of corpses / Necro-love for reckless girls». Come si fa a non volergli bene?); l’apertura quasi doom del finale di Vengeance, prima che gli zombie invadano il Sunset Strip; la serietà del lavoro della band, il che non è scontato per un gruppo che fa roba disimpegnata e minchiona come il genere qui descritto. Born In Rage trasuda dedizione, ed è una gran cosa. E poi, perdonatemi, ma per proporre certa merda in modo credibile ci vuole il physique du rôle: i Kiss ce l’avevano, gli Skid Row ce l’avevano, i Raging Dead ce l’hanno. I milioni di dischi venduti non contano un cazzo: conta che il retro di copertina faccia il suo mestiere. E se fossi una bagola rocker che incrocia Tracii Decadence o Matt Void (che, trucco funerario a parte, vanno in giro conciati né più né meno che come li si vede in fotografia sul packaging), al prossimo concerto saprei a chi fare gli occhi dolci. Invece sono un vecchio stanco con i capelli bianchi, e quindi posso ritirarmi a vita monastica, tranquillo e sereno, perché il rock a Cremona è salvo, ancora una volta, anche grazie ai Raging Dead.
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