Strobo Monsters - I ♥ Strobo Monsters.
Queste righe partono da una constatazione: gli Strobo Monsters sono il primo gruppo rock anni ’00 a palesarsi nella brughiera urbana cremonese negli anni ’00. Sono loro, per ora, gli unici a incarnare una delle principali tendenze musicali contemporanee, cioè quella di far convergere rock ed elettronica, analogico e digitale, potenza e danza. Che poi uno voglia chiamare il risultato discopunk, electroclash o new rave cambia poco.
I mostri si identificano semplicemente con i numeri da 1 a 4, curano molto l’immagine, dispongono di un merchandising da paura (questo disco, per esempio, è disponibile in dieci copertine diverse), hanno già fan sparsi per il globo grazie al potere totemico di MySpace, insomma, sono dannatamente cool.
Ma soprattutto suonano fichi, e per rendersene conto basta piazzare questo loro primo cd nello stereo (consiglio la modalità repeat, visto che parlo di un disco di cinque brani, per la durata di un quarto d’ora). Non parlo a caso di gruppo rock: l’ossatura dei brani è rock’n’roll. Lo si sente subito nel giro di chitarra garage con cui Monster N.4 apre Starchy Forelocks, che poi parte violenta con la drum machine e il sintetizzatore (all’unisono con la chitarra) di Monster N.2, quello che si distingue per la maschera da panda. C’è poi la beffarda voce 100% Punk Rock® di Monster N.1, che nella sua truffaldina arroganza sembra dire «Sì, canto così. Problemi? Ti aspetto fuori», come farebbe un vero bullo. C’è poi un bridge arabeggiante che potrebbe essere scambiato per operazione culturale, invece è pura tamarraggine. Il ritmo rallenta con SMTWGR, pezzo definitivo da club, con riferimenti ai party, ai cocktail, alle luci, ai dj e a tutte le cose con cui al giorno d’oggi la civiltà occidentale in declino cerca vanamente di riempire il vuoto vertiginoso che sente dentro. Be’, il groove è però indiscutibilmente divertente, quindi muoviamo quei culi e non stiamo tanto lì a questionare. Più cupo è l’attacco di Pony Boy Vs Pony Girl, col basso new wave di Monster N.3 a percorrere duri accordi, così come dura è la linea vocale. Nel refrain i toni si ammorbidiscono molto, e mi pare di cogliere una spruzzata di Interpol o Editors, pur annegata nel tappeto sintetico, quasi sempre preponderante. Per i miei gusti da dinosauro, la canzone che spacca di più è nettamente Dis Is Love, che nelle strofe ha il riff e l’andamento di certi vecchi successi glam rock (mi ricorda The Jean Genie di David Bowie, o almeno quattro hit di Suzi Quatro), certo in versione videogame. Il ritornello è invece bellamente ignorante, cassa dritta e pochi fronzoli. Su «I got a feeling that dis is love», il verso manifesto del disco, la voce di Monster N.1 è raddoppiata da quella di una deliziosa backing vocalist. Si chiude con Recent Studies: la frequenza dei battiti sta a metà strada rispetto alle tracce precedenti, e il testo è più parlato che cantato. La frase centrale, ripetuta ossessivamente in climax ascendente, è uno degli elementi che più ha scaldato il pubblico nel convincente ed energetico esordio live del gruppo.
Che altro dire? La grafica, azzeccatissima, è di Elisa Boldori, vero quinto elemento, visto il contributo al concept generale del progetto. Se gli Strobo Monsters saranno tra tre mesi su Qoob, tra sei mesi su NME e tra un anno ricchissimi e famosissimi, sarà anche merito suo. I suoni grossi e potenti, powered by BeatBazar, rendono. Sto scuotendo la testa anche adesso, mentre premo il tasto “punto”.
Commenta