The Departed - Il bene e il male
Martin Scorsese è tra i cinquanta maggiori registi della storia del cinema americano, ma ultimamente, secondo me, stava facendo di tutto per non dimostrarlo. The Aviator mi era parso un buon film e niente più, e dunque mi aveva deluso, conoscendo i picchi raggiunti più volte dal regista. Il precedente Gangs Of New York godeva di un impianto spettacolare talmente potente da oscurare la regia stessa: se dietro la macchina da presa si fosse trovato un ottimo mestierante come James Cameron, non credo avrebbe fatto molta differenza.
The Departed – Il bene e il male (il sottotitolo italiano è osceno) è invece, di nuovo, un grandissimo film di Scorsese. Un discorso sul potere, sulla corruzione, sulla persona (nel senso etimologico del termine, cioè “maschera”).
C’è del marcio a Boston: quasi tutto ciò che di illecito si muove in città è controllato dal boss Frank Costello (interpretato dal solito grande Jack Nicholson, che comunque non si/ci risparmia un paio di jacknicholsonate evitabili). «Nella vita nessuno ti regala niente. Te lo devi prendere». Con queste parole, Costello catechizza un ragazzino, Sullivan, prendendolo sotto di sé. Per essere qualcuno, almeno giù a Boston, puoi diventare un poliziotto o un criminale. E Sullivan, da grande (il volto è quello a una dimensione di Matt Damon), sceglie la vita da sbirro. Fa carriera alla svelta, assumendo l’incarico di capo dell’ufficio indagini del Dipartimento di Polizia di Stato. Ben più sporco e tormentato il percorso di Billy Costigan (Leonardo DiCaprio, bravissimo), anch’egli – come Costello e Sullivan – di origine irlandese, anch’egli in polizia, messo alla berlina dai colleghi fin dal principio, non solo per qualche intemperanza del passato (aggressioni e risse varie), ma soprattutto perché ha un’invidiabile collezione di parenti criminali. Il navigato capitano Queenan, che ci vede ancora lungo, capisce però di trovarsi davanti a un uomo di particolare valore, e affida a Costigan un incarico impegnativo e rischioso ai massimi livelli: entrare in contatto con Costello, infiltrarsi nella sua gang, conquistarne la fiducia e mettere la polizia nelle condizioni di incastrarlo.
Da qui, si dipana una storia complessa, mirabilmente scritta e messa in scena, che coinvolgerà molti personaggi in un’escalation di violenza fisica e psicologica.
Il film è grande per tanti motivi: perché ci mostra le dinamiche relazionali tra il “vecchio” e i “giovani” senza banali paternalismi; perché Scorsese, che per tutto il film spinge su morbosità, sesso, violenza e quant’altro, si tiene alla larga dalle facili sviolinate retoriche di stampo più o meno eroistico che qua e là macchiavano i suoi due film precedenti. L’ambiente corrotto è mostrato senza il compiacimento di chi osserva dall’alto di una presunta purezza; il pomodoro scorre a fiumi, ma la sceneggiatura impeccabile rende il bagno di sangue credibile, quasi “necessario”, di certo non gratuito. Tutto funziona alla perfezione: la ragnatela di rapporti con i “piani alti” delle forze dell’ordine e della criminalità organizzata, i passaggi che mettono in luce la rivalità tra Polizia di Stato e FBI, il rapporto che Costigan e Sullivan hanno, su diversi livelli, con la protagonista femminile (una psicologa che si occupa principalmente dei poliziotti), gli stacchi sui “vizietti” che Costello si concede.
Sul piano filmico, è ottima la scelta di un linguaggio cinematografico tutto sommato semplice: l’immagine, in controtendenza col cinema hollywoodiano contemporaneo, è raramente artefatta. Nessun ralenti enfatico, nessun bullet time alla Matrix, movimenti di macchina eleganti e dosati con parsimonia. Il sangue schizza a velocità normale e il film ne guadagna in realismo. Ci sono i favolosi primissimi piani e dettagli a cui Scorsese ci ha abituati. C’è una luce eterogenea, che sembra dipendere direttamente dal personaggio inquadrato. E ci sono tanti bravi attori (in particolare Martin Sheen e Alec Baldwin) che fanno filare il tutto (spesso con splendide battutacce al vetriolo).
Ottima colonna sonora di accompagnamento a cura di Howard Shore, grandi rock songs a commento delle sequenze più significative: da Gimme Shelter degli Stones alla versione di Van Morrison di Comfortably Numb (in origine dei Pink Floyd), a conferma del connubio fondamentale tra rock e cinema che caratterizza la produzione di Scorsese. L’inquadratura finale, che sintetizza la tematica del film, è una di quelle immagini che rimangono impresse nella memoria di un cinefilo, a patto di coglierne il significato. Non siamo ai livelli del capolavoro Quei bravi ragazzi, ma nemmeno così distanti. The Departed (“i defunti”, nel gergo della mafia di Boston) è un film stupendo, da vedere assolutamente.
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