Manderlay
Manderlay è il seguito di Dogville e secondo film della “trilogia americana” di Lars von Trier.
Grace giunge a Manderlay, piccola comunità nel sud degli Stati Uniti che vive grazie a una piantagione di cotone, regolata ancora dalla legge della schiavitù: la ragazza si impone di cambiare il corso della comunità e liberare i lavoratori neri con l’esercizio della democrazia, ma ribaltando il rapporto padrone-schiavo.
Al di là della trama del film che ho solo accennato, volevo riportare qualche mia riflessione.
Grazie anche allo stile, decisamente originale, tanto che sembra quasi di assistere a uno spettacolo teatrale, mi sembra che il film riesca ad astrarre la situazione particolare narrata (anche con scenografie simboliche e minimali) e riesca ad andare ben oltre la tematica della schiavitù dei neri d’America. A mio avviso si può fare una lettura decisamente interessante sul problema – attualissimo – della fondazione di uno Stato e del concetto di comunità, il contrasto e la controversa interpretazione di ciò che è totalitarismo ma bene comune, e quindi espressione di libertà. La svolta finale del film, infatti, racconta come la legge di Manderlay è stata scritta dagli stessi schiavi: è sconvolgente per la ragazza quanto per lo spettatore, i ruoli si capovolgono, ciò che era “male” in realtà è bene, la democrazia ne risulta evidentemente profondamente sconfitta, inadeguata. Ciò che era totalitario e oppressivo, dunque, era libertà, “bene comune” perché legge accettata e decisa da tutti, principio di autodeterminazione. La realizzazione della democrazia a Manderlay, nel corso del film, appare sempre come qualcosa di insufficiente, inadeguato: il “mettere ai voti” non è mai espressione vera della volontà della comunità, la democrazia è più controversa del totalitarismo che vigeva precedentemente, quello secondo cui le parti padrone-schiavo erano ben delineate; la comunità si chiede, spesso, cosa sia possibile mettere ai voti e cosa no, quale criterio di discernimento utilizzare, soprattutto quando i risultati di certe votazioni paiono andare contro il buon senso e l’ovvietà. Inoltre, si capisce come il totalitarismo della legge di Manderlay, che agli occhi della ragazza risulta opprimente e mai condivisibile, in realtà sia fondato su “doveri essenziali”: nel momento in cui mancano questi doveri e il rapporto padrone-schiavo è capovolto, tutto va allo sfacelo.
Si potrebbe analizzare e leggere il film sotto altri mille aspetti, a me è sembrato un film decisamente interessante e stimolante.
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