Makaber Antrieb - Makaber Antrieb
I Makaber Antrieb esistono da qualche anno, ma questa è la loro primissima pubblicazione. Si tratta di un demo di sei pezzi, per una durata di venti minuti esatti. La musica è un metal core schizzato, pesante, nevrotico, ora veloce e nervoso, ora lento e ossessivo.
L’apertura è con F5 Fury, tutti gli strumenti a martello fin da subito. Poi la voce di Bozzu, a tratti urlatissima, ma alternata a momenti quasi parlati. Il testo esistenzialista si innesta sul dualismo di riff thrash metal + velocità hardcore. Un brano sull’appiattimento conformato, e senza via d’uscita proprio perché accettato inconsciamente. Gli intermezzi strumentali lasciano campo alle entrate pulite di Bart sulla base distorta della chitarra di Riky e del basso di Ranca (che nel finale ha spazio per una sorta di assolo), mentre i ritmi di Steven variano nella giusta dose, senza forzature eccessive.
Ambiente Ostile è il brano forse più grind, se così si può dire: è il pezzo più breve; distorsioni a nastro; il martellamento è praticamente costante; la sensazione di oppressione e negatività suggerita dal testo (quasi un seguito della prima canzone) si avverte nettamente.
La terza traccia comincia all’opposto: Memento Mori si apre su tre accordi lenti e minacciosi, poi quasi in dissolvenza attacca la batteria, che tiene un tempo complesso. Riff metallico vecchia scuola, poi strofa su tupa-tupa hardcore e voce al massimo dell’aggressività. Il ponte centrale della canzone è addirittura in tre quarti. Il concept è ovviamente permeato da un pessimismo cosmico: nella mente di ognuno di noi (anche del più apparentemente spensierato) si nasconde l’ombra dell’unica certezza che abbiamo: l’approssimarsi della fine.
Il mio pezzo preferito è Infine Antropofagia. Trovo che sia quello che meglio sintetizza lo stile e le influenze dei Makaber Antrieb (a proposito, significa “Impulso macabro” in tedesco): c’è la voce che gratta e c’è la voce parlata, a tratti quasi compassata; c’è la velocità alternata alla lentezza; c’è un buon compromesso tra pulito e distorto nel lavoro delle chitarre; c’è addirittura un po’ di melodia. Il finale tirato fino alla dissolvenza (unico caso nell’album e rarità per questo genere) corrisponde idealmente alla non-conclusione del lugubre pranzo: La grande abbuffata a base di carne umana.
Bart’s Song comincia con un riff, e poi una rullata, che farebbero pensare a un pezzo sparatissimo: invece, quasi a sorpresa, velocità bassa. Altri ritmi articolati, e solo più avanti velocità insensata. Rallentamento progressivo e generale nel finale. Nel testo torna il «miasma soffocante» del brano precedente (va detto che tutto il disco è attraversato da un percorso tematico ben chiaro. Le canzoni non sono sei episodi a sé stanti, ma piuttosto sei tasselli di un unico mosaico).
Chiusura con Riki’s Song, bel riff e velocità alta ma non mostruosa (che è poi la dose che preferisco). Bombardamento di chitarre e basso in evidenza, finale con urlo di Bozzu come se non ci fosse un domani. Stop.
Il pubblico di questo tipo di musica è solitamente ridotto, ma molto appassionato. Il motivo è secondo me palese: la grande onestà di questo genere, così poco orecchiabile e facilmente etichettabile come “rumore”. In questo territorio è chiaro da subito se un gruppo ha qualcosa da dire o no. Nel secondo caso, tutto scade nel ridicolo. Mi pare che i Makaber Antrieb abbiano invece parecchio da dire. E la produzione di questo disco (a cui si può forse imputare una pulizia del suono eccessiva. Un po’ più di raw recording non ci sarebbe stato male, a mio parere) ne è la dimostrazione.
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